Politica

Novi, il senatore «ostaggio» delle querele

Giancarlo Perna

Anche col caldo assassino, al Senato bisogna stare in cravatta, ordine di quell’ayatollah dell’etichetta che è il suo presidente, Marcello Pera.
«Ma la giacca la puoi togliere», concede il barbuto senatore di Fi, Emiddio Novi, accogliendomi in camicia nel suo studio di presidente della commissione Ambiente. Tolta che l’ho, mi sistema sotto una palmetta ornamentale. «Così stai all’ombra», e fa un mezzo sorriso. È un napoletano poco Vesuvio. Gesti parchi e scarse parole.
«Con la barba non hai caldo?», gli dico. Fa un’alzata di spalle.
Penserete dall’esordio che siamo intimi. Invece, mai visti prima. È solo confidenza tra giornalisti, genia che ha varie cose in comune. Tra cui le querele. Ne ho io nel mio piccolo, figurarsi Novi che ha diretto il Giornale di Napoli.
«Sei il primo senatore della storia col quinto dello stipendio pignorato», mi congratulo.
«Sono oggetto di accanimento giudiziario. Quando il giornale chiuse mi trovai sul gobbo le querele di tutti: 120».
«Misero!».
«I Pm napoletani mi hanno chiesto 26 miliardi».
«Che avevi detto dei gentiluomini?», chiedo.
«Sostenevo, e sostengo, che passavano il tempo a fare guerra al procuratore capo, Agostino Cordova», dice, come dicesse bruscolini.
«Trascurando la camorra».
«Uno dei Pm era a caccia nei Balcani con un sicario dei clan».
«Tu hai la querela e lui?».
«Un procedimento disciplinare al Csm, mezzo sotterrato».
«Se ti condannano, come paghi?».
«Non pago. Anche volendo, chi ha i soldi? A Napoli dicono che sono tre i potenti del mondo: u’ Papa, u’ Re e chi non tene niente».
«Ma il collega Cinquegrani, direttore della bassoliniana Voce della Campania, è riuscito a pignorarti un pezzo di indennità».
«L’indennità, no. I rimborsi sanitari di moglie e figlio. Ma ho vinto in appello».
«Sei entrato in politica per uscire dalle querele?».
«Nel ’93, Antonio Martusciello mi annunciò che nasceva Fi e mi offerse la candidatura. Rifiutai. “Hai paura?”, ironizzò riferendosi a una Pm calabrese che aveva sequestrato le liste dei candidati Fi, come fosse una loggia segreta. Raccolsi la sfida e dissi: “Accetto. Ma voglio battermi in un collegio rosso”. Persi per qualche voto».
«Cos’eri prima di Fi?».
«Con la destra all’università. Nel ’79, ho votato radicale. Poi sempre socialista. Ero al funerale di Craxi».
«Hai fama di anticomunista viscerale».
«Sciocchezze», dice Novi. Si allontana e torna con due libri, uno contro Bush, l’altro contro il Cav. «La mia libreria è piena di libri di sinistra», afferma.
«Conoscere gli avversari per batterli», osservo.
«Per rendermi conto del loro livello di abbrutimento», replica.
«Tra quelli di sinistra chi sopporti meno?».
«Angius, capo dei senatori ds, al di là della prosopopea, se vai a scavare non c’è nulla. Quando in tv affrontano Buttiglione o uno colto come Tremonti, crollano. Fassino è poca cosa. Rutelli, inesistente. L’unico con carattere è D’Alema, per questo è odiato».
Non pensiate che Novi si agiti: mena fendenti da fermo. Tormenta solo una pallina di carta tra pollice e indice. Anche la voce è monotona, in contrasto coi concetti, per così dire, effervescenti. Nel riferirvi, ho sfrondato qua e là, per non allungare la lista delle querele.
«Costretto dal pignoramento a pagarti le medicine, senti anche tu la crisi come i comuni mortali. Il governo ha fallito?», chiedo.
«Povertà e fallimento sono virtuali. Il nostro errore madornale è stato pensare che avremmo governato decenni come la Dc. Noi non siamo la Dc».
«Bella scoperta».
«La Dc aveva con sé lo Stato. Noi invece siamo stati il primo governo che è all’opposizione del Kombinàt...».
«Il Kombinàt? Un concetto nuovo».
«Il Kombinàt è lo Stato cattocomunista che comanda da noi: i poteri forti, la magistratura, la Corte costituzionale, ecc. Pensavamo bastasse avere il governo del Paese per cambiarlo. Invece, ci siamo trovati contro il Kombinàt».
«Che avreste dovuto fare?».
«Stare a schiena dritta e mobilitare la gente che ci aveva votato», dice. Al cellulare lo avvertono che un Pm di Napoli vuole sentirlo per una sua interrogazione sulla camorra. Fa spallucce, come per dire «tutta scena, non cambia niente» e si concentra sull’intervista.
Il Cav ha promesso di tagliarci le tasse. Fatto il taglietto, ha cambiato politica e ora favorisce le imprese. Va a tentoni?
«È logorato dagli alleati. Molti ripetono gli argomenti degli avversari e le battute di Repubblica. In tanti non hanno mai polemizzato con la sinistra, ma solo con Berlusconi».
Follini lo ha liquidato.
«Follini ricorda Montanelli ultima maniera. Entrambi beneficati da Berlusconi, gli si sono rivoltati contro. In nome di un moderatismo confuso, Montanelli si faceva applaudire ai festival dell’Unità e Follini si fa lodare da Fassino».
Il Cav è all’altezza della crisi o era meglio in tv da Vespa?
«Ha subito aggressioni fortissime. Tante dagli alleati. Ma dimostra ancora di avere una marcia in più. Ha capito che la prossima campagna elettorale si gioca tutta sull’euro di Prodi e sull’Europa che si lascia invadere dalla Cina».
Se siamo a questo punto, colpa vostra o del destino baro?
«Una causa è Bruxelles. Non ha capito che, in guerra contro il terrorismo, bisognava fare politiche di sviluppo alla Bush anziché combattere l’inflazione che non c’è. Poi c’è una nostra responsabilità: una tragica incapacità di comunicare i buoni risultati del governo».
Cioè?
«I giornali denunciano le code per i cantieri sulle autostrade? Che costava replicare subito: se ci sono i cantieri non è vero che non si fa niente. Ci rimproverano i condoni edilizi. Ma chi è più responsabile, noi che li facciamo o i Rutelli e i Veltroni che permettono gli abusi di Roma?».
Campa cavallo anche il partito unico. Che dicono i tuoi elettori degli avantindré?
«Molti, non voteranno la sinistra comunque. Altri, soprattutto leader locali ex dc, sono tentati da Udeur e Margherita e nostalgici del sottobanco coi Ds».
Il Cav si è riproclamato leader dopo essersi detto pronto al passo indietro. Com’è che si è ringalluzzito?
«Ha dovuto constatare che gli altri non vogliono correre rischi. Anche Casini ha fatto capire di non sentirsela. Ha... ha... (ride)».
Che pensi del Cav?
«Quando morì mia madre, mi fece una telefonata umanissima di una decina di minuti durante un Consiglio dei ministri. Poi mandò un telegramma di otto righe in cui c’ero io, la mia vita, il rapporto con mia madre. Mi commuove ancora».
Più in generale?
«Ha la capacità di visione del grande leader. Ha capito che nonostante tutto, possiamo vincere. Gli altri invece si stanno facendo la cuccia per i cinque anni in cui dovrebbero stare all’opposizione».
Sei membro della Vigilanza Rai. Anche lì, la Cdl non riesce a fare il presidente.
«I consiglieri Cdl hanno un timore reverenziale dell’Usigrai e della cultura egemone cattocomunista».
Torneranno i martiri, Santoro e Biagi?
«Santoro è un attore, non un giornalista. Sono i figli del genocidio professionale perpetrato contro la destra negli anni ’70 e ’80. Fatto il cimitero, sono emersi loro».
Hai un presidente in pectore?
«Ho grande stima di Piero Vigorelli. Conosce i meccanismi e i suoi polli».
Nella tua Campania, nemmeno i rifiuti sono smaltiti in loco, ma in Germania. Da strozzarvi.
«C’è la camorra che arricchisce sull’emergenza. Ci sono i preti che stanno dalla parte dei movimenti. Ci sono i Verdi e Rifondazione. Poi, c’è l’opportunismo di tutti i politici che non prendono la questione di petto».
E la magistratura?
«Latita. Finge di non sapere quali sono gli interessi dietro i rifiuti. Annuncia sempre blitz anticamorra che non fa mai».
Nonostante il fallimento, Bassolino è stravotato.
«Bassolino è in caduta libera. Vincono i partiti di centro. De Mita e Mastella hanno il 28 per cento dei voti».
Visto lo sfacelo, per la Cdl dovrebbe essere facile inchiodarlo.
«La Cdl non fa opposizione. Per farla ci vuole gente di carattere, invece si candidano persone flessibili che non danno problemi. Così flessibili che traslocano gioiosamente, come in questi giorni, nell’Udeur di Mastella e nella Margherita».
Stando con Bassolino, Mastella ha omaggiato la mogliettina della presidenza del Consiglio regionale.
«Mastella è il politico del salotto di nonna Speranza. Bada ai ninnoli, come l’autoblu per la moglie. Per averla, è uscito dalla Cdl e rinunciando a un ministero che avrebbe certamente avuto».
Com’è che vi siete fatti sfuggire un tipo capace come Pomicino?
«Bravissimo, ma soffre di una nostalgia: quella della Dc.

Un caso di fissazione nevrotica».

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