Novizi, botte per arruolarli nelle bande

Tatuaggi, prove di coraggio e di forza, riti di iniziazione. Entrare in una banda significa rispondere al codice del gruppo. Chi vuol far parte della «pandilla», quel codice lo deve rispettare. Soprattutto, deve essere capace di andare oltre la soglia della legalità. Per fare contento il «rey». Per sperare, un giorno, di prendere il suo posto.
Primo, la forza. Essere un «Latin King», o fare parte dei «Commando» significa non temere il dolore. La prima prova, quindi, è fisica. I «novizi» vengono sottoposti dalla banda al pestaggio collettivo. Chi resiste, passa alla seconda prova. La strada.
E la strada sono i furti, gli scippi, le risse con le bande rivali, l’alcol nei locali di ritrovo che sono sempre gli stessi e le nottate in giro per la città a marcare il territorio, tra graffiti sui muri e lotte per la supremazia. A volte, portando con sé anche un’arma. E il coraggio, se serve, di usarla.
Terzo, i simboli. Far parte di una «pandilla» significa ostentare l’appartenenza. Gli abiti extralarge, le catenine al collo, i berretti, i medaglioni con la corona e i gesti di riconoscimento, una mano che batte sul petto e l’altra che saluta con medio e anulare chiusi. Ma non c’è solo l’atteggiamento. C’è anche il marchio.
Perché un «Latin King» se lo scrive sulla pelle, ed essere un «Commando» significa portarsi i segni addosso.

Tatuaggi che sono leoni incisi sulle spalle, corone sulla schiena, polpacci segnati dai simboli del gruppo, una «L» sull’avambraccio destro e una «K» su quello sinistro. Appartenenza indelebile. Perché nella «pandilla» non è facile entrare. E ancora meno uscire.

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