Nozze gay in chiesa, lo strano odore del fumo di Satana

Da anni divampa a Verona la polemica sulla casa natale (trasformata in chiesa) di San Pietro Martire, co-patrono della città scaligera e di numerose altre città, fra cui Milano. San Pietro, domenicano e inquisitore, fu assassinato in odio alla fede da eretici catari il 6 aprile 1252, presso Seveso, con un colpo di falcastro in capo. In tutto il mondo il luogo natale di un santo è scrupolosamente conservato, venerato, visitato. A Verona, invece, il vescovo Flavio Roberto Carraro, in carica fino al 2007, pensò bene di ficcare dentro la casa del santo i luterani, che eretici sono, anzi eredi spirituali dei catari di cui sopra, fra le proteste dei cattolici tradizionalisti e non solo. Il nuovo vescovo, Giuseppe Zenti, pur rendendosi conto dell’enormità della cosa, per spirito ecumenico inaugurato dal concilio tace e pensa di spostarli in un’altra chiesa (sono una decina i luoghi di culto dati in diocesi ai non cattolici; ma nessuno concesso ai tradizionalisti dove celebrare la Messa latina antica). Ultimo atto: a fine aprile 2010, proprio in coincidenza con la festa liturgica di San Pietro da Verona, i luterani si riuniscono in sinodo a Verona, in un istituto strettamente legato alla Curia (il Centro Mons. Carraro), per deliberare di «benedire» le unioni gay. Il sito della diocesi veronese pensa bene di darne notizia, sempre per spirito ecumenico. Risultato? Scandalo su scandalo: nella chiesa del co-patrono potranno trovare posto non soltanto i seguaci dell’eresiarca sassone, ma anche quelle coppie omosex che vorrebbero costringere Dio a benedire quel che la Sacra Scrittura, la Chiesa e la morale naturale hanno sempre riprovato. I giornali veronesi riportano: «Per la prima volta una chiesa cristiana in Italia - la chiesa evangelica luterana - apre alla possibilità di “benedizione” delle unioni omosessuali» (L’Arena del 6 maggio). Nella chiesa, aggiungo io, già cattolica e del co-patrono! E dire che, proprio circa le rivendicazioni omosex, Papa Ratzinger, quand’era cardinale, aveva scritto ai vescovi (1° ottobre 1986): «Dovrà essere ritirato ogni appoggio a qualunque organizzazione che cerchi di sovvertire l’insegnamento della Chiesa, che sia ambigua nei confronti di esso, o che lo trascuri completamente. Un tale appoggio, o anche l’apparenza di esso, può dare origine a gravi fraintendimenti». Che aspetta allora Roma a tirare le orecchie al vescovo di Verona? Caro Granzotto, serve davvero questo ecumenismo farlocco, andare dai luterani, dagli ebrei ecc., se poi dobbiamo tirarci in casa, anzi in chiesa, le «nozze» sodomite e ricevere gli attacchi del New York Times sulla pedofilia contro il Papa?
Mantova

Non lo so, caro Bassi. E soprattutto non so, perché non ce lo ha spiegato nessuno, quale sia o dovrebbe essere il traguardo dell’ecumenismo, del «dialogo». A rigor di logica e a meno che non sia - e nel nostro caso non è - un dialogo di confutazione, esso servirebbe a raggiungere un compromesso: non si dialoga forse per questo? Per trovare un punto di accordo attraverso reciproche concessioni? Ma la Chiesa, la fede, può mai scendere a compromessi? Per il vescovo di Verona parrebbe di sì.

Accordare al sinodo luterano l’uso della casa-chiesa di San Pietro martire affinché se ne faccia il luogo deputato alla benedizione delle unioni omosessuali, come concessione è di quelle che pesano più della macina evangelicamente destinata ai suscitatori di scandali. Che avesse ragione Paolo VI quando, nel non così lontano ’72, espresse il suo timore che nel tempio di Dio si stesse insinuando il «fumo di Satana»?

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