«Nozze con Milano anche senza il Nasdaq»

da Milano

Sorrisi, strette di mano, e nessun timore che il Nasdaq possa mettere i bastoni tra le ruote al progetto di fusione concordato con soddisfazione reciproca di entrambe le parti. Si sono ritrovati ieri a Milano i vertici del London Stock Exchange e di Borsa Italiana, per illustrare i contenuti dell’integrazione, annunciata alla fine della scorsa settimana, da cui nascerà una holding forte di una capitalizzazione di oltre 3.800 miliardi di euro e con 3.540 società quotate.
Allo scetticismo di alcuni analisti, secondo i quali l’Lse faticherà a trovare il sostegno dei soci proprio a causa del 30% nelle mani del Nasdaq, l’ad della Borsa londinese Clara Furse, ha risposto ricordando che la società Usa «non ha alcun potere di veto o di blocco: per l’approvazione del piano ci basta il 50,1%» e che «il board ritiene che riceverà dai propri azionisti un supporto più che sufficiente all’operazione». Scontato sembra in effetti il via libera da parte italiana «dopo l’ok all’unanimità da parte del cda in cui sono rappresentati tutti i grandi azionisti», ha ricordato l’ad di Borsa spa, Massimo Capuano. Non a caso, Alessandro Profumo, numero uno di Unicredit (che controllerà il 7% della nuova holding, la stessa quota destinata a Intesa S.Paolo), ha giudicato ieri la fusione «in modo estremamente positivo». Resta da vedere come si comporteranno le banche d’affari e i fondi presenti nel capitale dell’Lse, e in particolar modo la triade formata da Bear Stearns (7,92%), Kinetics Asset Management (6,21%) e Abn Amro Equities (5,75%). Ancor più da decifrare è la reazione della società che controlla il mercato hi-tech statunitense. Fallito nei mesi scorsi il duplice assalto a Londra, il Nasdaq si ritrova in cassaforte un 30% dell’Lse destinato a diluirsi al 22% una volta completato il merger (contro il 28-30% degli italiani), e senza avere la possibilità di esprimere almeno un rappresentante nel nuovo consiglio, che vedrà 7 consiglieri nominati da Londra e 5 da Milano. La Furse si è comunque detta ottimista («Siamo convinti che il Nasdaq sarà interessato a conoscere i dettagli dell’operazione»), anche per quanto riguarda il possibile taglio di rating da parte di Moody’s, legato al numero dei diritti di recesso dei soci Lse.
La filosofia alla base dell’integrazione, per la quale sono previsti costi pari a 59 milioni da ammortizzare entro la fine del 2010, è quella di agire da catalizzatore per altri mercati, rintuzzando in questo modo la possibile minaccia che potrebbe derivare dalla nuova piattaforma di scambi Turquoise, che alcune delle principali banche d’affari internazionali potrebbero realizzare utilizzando il sistema di trading dell’Omx, la Borsa scandinava acquistata di recente proprio dal Nasdaq. «Di sicuro - ha detto Furse - questo progetto crea una forza molto concorrenziale, quindi pensiamo di essere interessanti per altri partner». Un appeal che risiede anche nel potenziale di crescita di Piazza Affari, dove il numero delle società quotate è pari appena al 55% del Pil italiano rispetto al 100% di altre piazze finanziarie. Da parte sua, Capuano si è detto convinto di sciogliere positivamente il nodo Mts, la piattaforma di titoli di Stato che Borsa spa porterà in dote a Londra. «Non intendiamo vendere Mts», ha precisato Capuano in risposta ad alcune indiscrezioni circa un interesse del broker Icap.

Dopo aver esercitato l’opzione per l’acquisto delle azioni possedute da Euronext, ora «le parti devono definire un fair value. Se non ci sarà accordo, sarà nominato un terzo advisor indipendente per fare la valutazione».

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