Nucleare, la sfida italiana si chiama «Generation IV»

Si studia a Genova un progetto per far fronte alla crescente richiesta di consumo energetico che risponda alle esigenze di sicurezza e «pulizia»

Nucleare, la sfida italiana si chiama «Generation IV»

da Genova

Generation IV. Non si tratta di una saga televisiva né del quarto romanzo di una serie, ma della denominazione delle centrali nucleari di futura generazione. Un progetto partito in questi anni e che vede inserita anche l'Italia, e che porterà allo sviluppo di un Nucleare veloce, sicuro, totalmente affidabile e pulito.
Pulito? Sì, nel senso che sarà drasticamente ridotto il problema delle scorie radioattive. Le centrali di Generation IV bruciano infatti esse stesse gran parte delle scorie a lunga vita che producono. Facendo ricorso al cosiddetto «Nucleare sottocritico», progetto promosso dal nostro Carlo Rubbia, premio Nobel per la fisica, si potrebbero inoltre smaltire anche le scorie a lunga vita già prodotte dalle centrali nucleari attualmente attive in vari Stati del mondo.
Da Chernobyl, centrale di seconda generazione che forse ancora in molti considerano un fantasma troppo presente nella loro vita, a Generation IV, il nucleare ha fatto grandi progressi.
Le centrali realizzate nel mondo occidentale sono diverse da quella di Chernobyl, e sono state continuamente migliorate potenziando i sistemi di sicurezza e introducendo nuovi accorgimenti, ma solo negli anni '90 si ebbe un importante salto di qualità: Generation III è la denominazione delle attuali centrali, costruite dapprima in Asia, realizzate ora in tutto il mondo, in cui si è visto il connubio tra economicità e sicurezza. Realizzate con un sistema di 3 involucri a gusci, le centrali di terza generazioni erano già costruite, ben prima dell'11 settembre, a prova di aereo kamikaze.
Quali restano gli inconvenienti delle centrali di Generation III? La professoressa Paola Girdinio dell'università di Genova (membro della commissione Via del ministero dell'Ambiente), ne evidenzia sostanzialmente due: la produzione di scorie radioattive (unica soluzione attualmente possibile è quella di impacchettarle adeguatamente e di sotterrarle); la possibilità di proliferazione di armi nucleari. Un rischio reale, perché per produrre «bombe sporche» bastano semplicemente i banali rifiuti nucleari derivanti dai nostri ospedali per quelle che sono le normali applicazioni in campo medico, quali le lastre ai raggi X.
Tuttavia, c'è anche un terzo problema: la materia prima. Le attuali centrali di terza generazione funzionano infatti con l'uranio 235 di cui la natura è povera rispetto all'uranio 238. Secondo le stime, con le attuali scorte di uranio nel nostro pianeta si potrebbero mandare avanti le attuali centrali per 250 anni, un tempo giudicato irrisorio a fronte del problema energetico mondiale.
Il futuro è nei reattori di Generation IV, che - secondo gli esperti - consentono maggior rendimento con adozione di cicli a vapore supercritico come per le più moderne centrali a combustibile fossile (dal 33% ad oltre il 40% di rendimento); uranio 238 (ergo possibilità di produrre 100 volte più energia dall'uranio naturale e, quindi, risorse pressoché illimitate per i prossimi 10mila anni); auto combustione delle scorie radioattive.
Già i primi prototipi, senza riciclo delle scorie, sono stati realizzati (tipo Superphenix in Francia) e, coi loro risultati, hanno dimostrato che è proprio questa la via da intraprendere.

Ma ricerche si stanno facendo anche nel nostro Paese, a Genova in particolare, e Generation IV potrà dunque essere una bella sfida per l'Italia, con i suoi circa 200 milioni di tonnellate di petrolio annui di consumo. Consumo cui le «energie alternative», per quanto potenziate e sviluppate, da sole non possono far fronte.

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