nostro inviato a Catanzaro
Lassessore e la ndrangheta, alleata con la camorra. Un doppio patto scellerato, per conquistare la verde e vergine Umbria. La mafia calabrese desportazione stavolta aveva puntato tutto su Pasquale Tripodi, consigliere Udeur, messo allangolo da Mastella ma non da Loiero che lha difeso a oltranza salvo togliergli la poltrona di assessore al Turismo solo il giorno prima della retata, quando i boatos sulle manette si sono fatti più insistenti. È lui larrestato eccellente delloperazione «Naos» (oltre 50 in manette) sviluppata dai carabinieri del Ros fra i clan dei Casalesi e la cosca dei Morabito-Palamara-Bruzzaniti.
IL PATTO SCELLERATO
Un miscuglio di mafia e politica finalizzato a mettere le mani sugli appalti più appetitosi. In particolare uno, legato alla centrale idroelettrica di Bivongi (Reggio Calabria). E qui entra in gioco lennesimo politico regionale. Nelle 392 pagine dellordinanza darresto firmata dal gip Marina De Robertis, il nome di Tripodi spunta di continuo. Quasi sempre associato a Nino Vadalà, reggente della cosca di Bova Marina, uomo-cerniera tra cosche un tempo avverse che hanno trovato fuori dalla Calabria una nuova ragion dessere dopo larresto di Giuseppe Morabito, «u Tiradritto», il capo dei capi della ndrangheta. Un do ut des perfetto, quello tra lassessore e le cosche. «Tripodi garantiva le concessioni necessarie per gli appalti e lerogazione dei fondi per la rivalutazione turistica della costa dei gelsomini» scrivono gli investigatori.
PASQUALE È ROBA NOSTRA
In cambio, Tripodi faceva il pieno dei voti. Ma il rapporto non era alla pari poiché, secondo il gip, il boss dimostrava «di essere in grado di controllarne alcune decisioni» riuscendo a vincere gli appalti «senza nemmeno ricorrere alle mazzette». Sottintercettazione Vadalà se la canta e se la suona così: «Tutto a scopo politico... hanno detto... in Provincia e Regione non fanno niente ma è un fatto positivo... potevano cercare anche la mazzetta». E ancora, in unaltra intercettazione. «Se noi, cioè se noi eravamo...fessi...loro non ci consentivano a noi, loro hanno capito che con noi hanno da guadagnare pure, ci vuole...perché io cosa avevo pensato ingegnere, di chiamare lassessore e gli dico "il progetto tu lo firmi a me non a loro", gli dicevo io...». L'assessore in questione è lo stesso. «A Pasquale (Tripodi, ndr) posso dire mio - continua Vadalà -... mio compare è mio compare, sai che posso dire perché muro contro muro sai che succede il progetto che io ho chiamato a Pasquale .. tu a chi lo approvi lui o a me, che io devo discutere (...). Con questi voti lui prende l'impegno politico, perché lui a me se mi dice invece di questa cosa voglio questa, lui mi dice a me, io voglio a te, perché lui sa chi sono io capite».
A CENA CON I BOSS
I rapporti con lassessore, osserva il Ros, li cura Vadalà ma li estende poi agli altri sodali. Sintomatico un appuntamento al ristorante, per pianificare il tutto. Una microspia in macchina cattura questa confidenza, decisiva per larresto: «Perché là cè il fatto del gioco non come "viene viene" ... è l'anello di congiunzione con il politico ... Pasquale Tripodi di Bova..... hai capito? ... infatti l'altra sera abbiamo mangiato con lui..
gianmarco.chiocci@ilgiornale.it
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