da Roma
Nicolas Sarkozy non rappresenta soltanto un semplice aspirante al trono di Francia e alla poltrona occupata per 12 anni da Jacques Chirac. È il simbolo vivente dellavvento di una nuova generazione di politici, desiderosa di mettere mano a modelli politici usurati dal tempo e fare i conti con uno statalismo che frena lo sviluppo e riduce la competitività del sistema. Un personaggio individuato da molti come il cavallo di razza, lastro nascente della «nuova destra»: quella che si ribella allimmobilismo degli imbalsamatori e non vuole essere ingabbiata in una identità rigida; quella che segue la bussola del pragmatismo, fuori dagli schemi ideologici e dentro quelli delle idee. La stessa «nuova destra» a cui, per sua stessa, aperta ammissione, si ispira Gianfranco Fini e a cui si iscrive di diritto il leader dei Tories, David Cameron.
Lasse di ferro tra il candidato allEliseo e il leader della destra italiana è sotto gli occhi di tutti. Anche quando il primo chiama «recaille» la teppaglia che incendia le periferie francesi, non temendo di sporgersi troppo a destra. Sì, perché subito dopo «Sarko» offre protezione agli immigrati per bene, rilanciando con aperture sui diritti civili, la cittadinanza, il voto, la possibilità di indossare il velo islamico che suonano familiari a chi mastichi un po le evoluzioni recenti del partito di via della Scrofa.
LUmp non ha mai fatto parte di una qualunque internazionale democristiana. Ma il suo ingresso nel Ppe, alla fine, è stato comunque celebrato senza troppi problemi. E lo stesso cammino vorrebbe e potrebbe percorrere presto Alleanza nazionale.
I due leader poi dialogano eccome. «Immigrazione di qualità», ad esempio, è una definizione e un obiettivo che entrambi sposano anche a livello lessicale. E non è un caso che per ledizione italiana del suo ultimo libro, edito dalla Lucarini, la prefazione sia affidata proprio alla penna di Gianfranco Fini che già aveva impreziosito con un suo intervento il libro precedente dellamico francese: «La Repubblica, le religioni, la speranza».
Un rapporto di simbiosi che fa dire a Pierluigi Mennitti sul «Secolo dItalia» che «quando Fini parla di Sarkozy sembra descrivere se stesso». Anche il ministro dellInterno francese, comunque, non si risparmia e loda pubblicamente «il coraggio di Fini» e «un partito che incarna modernità e innovazione» come Alleanza nazionale.
Lultima carezza, comunque, è quella concessa dal numero uno di via della Scrofa nella prefazione di «Testimonianza». «Sarkozy ha gestito le sue battaglie con un ragionato piglio decisionista che gli deriva indubbiamente da una spiccata propensione caratteriale, ma soprattutto, da una non comune forza di volontà» scrive Fini. «Quel carattere e quella forza di volontà che lo hanno aiutato a superare fasi molto difficili della propria vita e non gli hanno impedito, ad esempio, di polemizzare aspramente con Jacques Chirac. In palio non cera e non cè a oggi il duello tra due forti personalità ma il confronto tra due visioni del gollismo, della politica e dello Stato. Una visione vecchia e una nuova».
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