Cultura e Spettacoli

La nuova famiglia di Ozpetek è una banda di «Mine vaganti»

Ferzan Ozpetek, classe 1959, cineasta turco naturalizzato italiano, polemizza sull’ultimo numero di Ciak, in risposta a un sondaggio sui difetti del cinema d’autore: «Sono felice di essere attaccato da certi critici. Se piacessi a loro, non piacerei a me. Non vogliono più vedere le mie cucine? Ebbene, nel mio prossimo film ce ne saranno tante, eccome!». Detto, fatto. Venerdì, a Lecce, il regista di Le fate ignoranti ha dato il primo ciak a Mine vaganti, commedia corale, molto sudista e decisamente allegra, che segna un ritorno ad atmosfere più lievi dopo i cupi Saturno contro e Un giorno perfetto.
Lo sappiamo: la cucina, nei film di Ozpetek, è quasi un luogo dell’anima. Una cuccia calda nella quale ritrovarsi tutti insieme per festeggiare un lieto evento o ricordare un amico scomparso, appunto un motivo ricorrente, se volete una fissazione, anche estetica oltre che culinaria. Così, lasciando la prediletta Roma per immergersi in un Salento abbacinante, complici l’intraprendente Apulia Film Commission e il produttore pugliese Domenico Procacci, il regista ha scritto con lo scrittore Ivan Cotroneo una complessa storia di famiglia che prende le mosse da un pastificio. E pastificio, sullo schermo, significa tavole imbandite, pranzi domenicali, piatti gustosi (i pasticciotti adorati dal regista), sughi densi e peperoncino à gogo.
Ozpetek per ora non parla. Troppo preso dai primi giorni di riprese, su un set affollato di attori e comparse, tra spostamenti rapidi e anche qualche malumore cittadino. I negozianti del centro storico - lo rivela La Gazzetta del Mezzogiorno in un reportage da Lecce - si sarebbero lamentati con l’assessore comunale al Turismo a causa della momentanea contrazione degli affari legata all’arrivo della troupe. Ma vedrete che tutto passerà. La città barocca, volentieri riscoperta dal cinema per la sua sfolgorante bellezza, sembra lo sfondo ideale per questa vicenda corale con sottotesto omosex nel quale confluiscono dinamiche familiari, rivelazioni brucianti e sottolineature sociali. Un po’ come succedeva nell’episodio leccese di Manuale d’amore 2, dove Sergio Rubini e Antonio Albanese facevano i conti col pregiudizio locale.
Ha spiegato il regista alla Gazzetta: «Con questo film, dopo anni, vorrei gettare uno sguardo, spero maturo e divertente, sul grande tema della famiglia. Che resta misterioso e stimolante, nonostante le trasformazioni sociali». Eccola, allora, la superfamiglia dei Cantone: benestante, riverita, numerosa, tipica e insieme eccentrica. Appunto, un concentrato di mine vaganti, come suggerisce il titolo. La trama, per ora top-secret, potrebbe subire variazioni e ritocchi nel corso delle riprese a Lecce, Melpignano e Gallipoli. Ma, dalle prime indiscrezioni, s’è capito che il cuore della storia ruota attorno al ritorno in città di Tommaso Cantone, cioè Riccardo Scamarcio. In famiglia tutti vorrebbero che il trentenne affiancasse il fratello Antonio (Alessandro Preziosi) nel rilancio dell’azienda di famiglia. Ma Tommaso non pare possedere la vocazione dell’imprenditore e nemmeno gusti sessuali «tradizionali»: è felicemente gay, e non sarà facile rivendicarlo in quel contesto.
Risultato? Una situazione esplosiva, anche buffa, sotto lo sguardo di tutta la compagnia: la mamma Stefania (Lunetta Savino), il padre Vincenzo (Ennio Fantastichini), la zia Luciana (Elena Sofia Ricci), la sorella Elena (Bianca Nappi), la nonna (Ilaria Occhini), l’amica d'infanzia Alba (Nicole Grimaudo). Proprio la Grimaudo ha sostituito in extremis Alba Rohrwacher, scelta in un primo momento e poi ritiratasi, tra qualche mal di pancia, per girare La solitudine dei numeri primi dal romanzo di Paolo Giordano.
Ha confessato Ozpetek alla vigilia del primo ciak: «Perché il Salento? Mi fa un effetto benefico, appena ci metto piede mi torna il buon umore. Ci vengo da dieci anni, ho amici che mi ospitano. L’idea di non girare a Roma all’inizio mi terrorizzava. Ma credo che dobbiamo ascoltare il nostro cuore e andare. Con la logica io non ho mai concluso niente, anche dal punto di vista sentimentale. La logica ha prodotto soltanto disastri».

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