Cultura e Spettacoli

La nuova lezione del «Manuale» di marketing tv

Enrico Letta ha fatto cambiare idea a Deborah Bergamini, direttore marketing della Rai. La sua prefazione del Manuale del marketing tv curato da Carlo Nardello e Carlo Alberto Pratesi (sesto volume della collana «Zone» diretta dalla Bergamini) era stata già spedita in tipografia. Poi, insieme con Nardello, la Bergamini è andata a VeDrò, il convegno per giovani manager organizzato ogni anno da Letta. Ne sono rimasti entrambi impressionati. «C’è una voglia di futuro che è reale e tangibile – hanno detto agli amici -. A VeDrò l'abbiamo percepita concretamente. Ma c'è anche una difficoltà di sistema. Come manager tv non possiamo far finta di niente». La Bergamini ha così mandato in tipografia un testo completamente nuovo. «Stiamo perdendo la capacità di guardare avanti, di intendere il futuro come una prospettiva – si legge nella sua nuova prefazione del libro che è stato presentato la scorsa settimana alla presenza di Giancarlo Leone e di Claudio Cappon -. Noi manager tv lamentiamo un forte calo di creatività, di propensione al rischio, ci guardiamo attorno in cerca di idee qualificanti. E intanto ci accontentiamo di riprodurre il presente pervasivo nel quale sembriamo tutti impigliati: la tv assomiglia sempre di più ad un reality senza fine. Capiamo tutti che così non può andare». Nella settimana in cui il destino del Cda della Rai sembra minacciato dall'ira di Mastella, le parole della Bergamini aprono a suggestioni inedite. «Il servizio pubblico – scrive - mi sembra oggi ad un bivio: la ricostituzione di una nuova società oligarchica, ancor più divaricata fra ricchezza e povertà, in cui il criterio sociale è quello della cooptazione e della conservazione, o una società “demodinamica” che abbia come suo fondamento non più il potere ma il potenziale. Quindi una società per definizione inclusiva. Il servizio pubblico radiotv, per sua natura, deve essere parte sostanziale della seconda opzione». Per riuscirci, scrive la Bergamini, la Rai «deve accettare l'esistenza di un denominatore comune: l'uomo. Credo che l'uomo sia la fonte da cui bisogna scavare per risolvere tutti quei problemi che la vita ci dà come gioco di intelligenza, ma che se non risolti non possono che determinare una regressione di massa.

E qui la tv pubblica può davvero trovare un ruolo da giocare».

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