Medicina

Nuova Stroke Unit a Milano

Meola: «Il ricovero tempestivo in reparti tecnologicamente avanzati riesce spesso a dimezzare la mortalità»

Ignazio Mormino

Nella pubblicistica contemporanea l’ictus cerebrale non occupa i primi posti, saldamente riservati all’infarto del miocardio ed alle relative complicazioni. Eppure è un evento gravissimo, che in cinquanta casi su cento diventa mortale e in trenta provoca invalidità. I sopravvissuti (20 su cento) possono essere colpiti da un secondo ictus entro il terzo anno. Questo cupo scenario dimostra che contro questa gravissima patologia servono interventi immediati e di alta specializzazione. Sono fortunati i pazienti che riescono ad essere curati in una «Stroke Unit», che sono unità cerebrovascolari realizzate con criteri di avanguardia per assistere gli acuti.
A Milano, dopo quelle di Niguarda e dell’ospedale San Carlo Borromeo, è stata recentemente inaugurata una terza «Stroke Unit»: quella del Policlinico San Donato (Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico), attivata all’interno della divisione di neurologia, diretta dal professor Giovanni Meola. La nuova struttura dispone di un team di cinque specialisti, sei specializzandi e quattro infermieri professionali.
Il professor Meola, cattedratico nell’Università di Milano, sostiene che l’attuale dotazione (4 posti letto) verrà presto raddoppiata perché la nuova «Stroke Unit», serve un bacino territoriale di settecentomila persone; ma è orgoglioso di poter disporre di una strumentazione tecnologicamente avanzata che permette uno stretto monitoraggio di parametri vitali ed una pronta esecuzione degli esami di laboratorio.
Il team di specialisti comprende cardiologi, neurologi, neurochirurghi, fisiatri. Per rendere più efficace l’intervento è stato realizzato un accordo con la rete del 118: all’interno delle ambulanze fornite di moderni strumenti diagnostici, un medico può emettere subito una diagnosi di ictus cerebrale. Chi riesce ad essere ricoverato in una «Stroke Unit» - sostiene il professor Meola - vede ridurre notevolmente il rischio di mortalità: «Del 50 per cento nella maggior parte dei casi; ma si può anche arrivare all’80 per cento». Non deve però tornare a vivere spensieratamente ma controllare mese dopo mese tutti i fattori di rischio e curarsi a lungo con anticoagulanti e antiaggreganti. Anche il professor Meola è convinto che l’ictus cerebrale (responsabile del 12 per cento di tutti i decessi) meriti maggiore attenzione. «È terribile - dice - vedere un soggetto ancora giovane diventare afasico o peggio costretto su una sedia a rotelle.

Per questo noi medici dobbiamo consigliare di mettere al primo posto della prevenzione frequenti controlli clinici: almeno annuali dopo i cinquant’anni».

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