da Istanbul
Oltre ogni record. Sono scesi in piazza ad Ankara, a Istanbul, a Manisa, a Marmaris, a Cannakkale. E ieri, a Smirne, un milione e mezzo di persone, due secondo gli organizzatori, ha pronunciato un altro secco "no" contro il governo islamico moderato di Recep Tayyip Erdogan e in difesa della laicità dello Stato fondato da Mustafa Kemal Ataturk. La quarta «Marcia per la Repubblica» verrà ricordata come una delle manifestazioni più imponenti e allegre nella storia del Paese. Per strada, ma anche per mare. Erano migliaia, infatti, ad affollare le imbarcazioni di fronte alla costa della città e a sventolare la bandiera nazionale. Una schiera sconfinata di giovani, anziani, ragazze con canottiere e pantaloni a vita bassa, e donne velate. Facce diverse di quello straordinario mosaico che è la Turchia moderna. E tutti uniti da un solo obiettivo: difendere il loro Paese dalla minaccia di deriva islamica e da un governo che, nelle ultime settimane, ha mostrato il suo volto più intransigente.
E ieri ha fatto sentire il suo «no» deciso anche Ulku Adatepe, ultima figlia di Mustafa Kemal Atatürk, che un anno fa, in un'intervista in esclusiva al Giornale, aveva criticato aspramente il governo di Recep Tayyip Erdogan, accusandolo di «svendere i valori del popolo turco» e affermando che la Turchia stava attraversando un momento critico della sua storia e che c'era il rischio di deriva islamica. Dal palco di Smirne, Ulku Adatepe, 75 anni ma grinta da fare invidia a una ventenne, ha detto: «Sono pronta a versare fino l'ultima goccia del mio sangue per difendere lo Stato che mio padre ha costruito. Vedere tutti questi giovani mi commuove profondamente. Sono certa che da lassù Atatürk ci guarda sorridendo». Proprio al fondatore della Turchia erano dedicati la maggior parte degli striscioni: «Riposa in pace Grande Padre, adesso al tuo Paese pensiamo noi».
Il corteo, come quelli che l'hanno preceduto, si è svolto in modo ordinato e senza incidenti. Nonostante la situazione nel Paese sia ogni giorno più delicata, quella di Smirne, più che una manifestazione sembrava una festa. Un successo pieno per la città, sulla costa egea e da sempre uno dei luoghi più moderni e progressisti della Turchia. La bomba di due giorni fa, che ha provocato un morto e 14 feriti, è un ricordo. E se chi l'ha messa voleva intimidire i manifestanti, ha ottenuto l'effetto contrario.
Intanto il clima nel Paese rimane teso. La campagna elettorale, che proseguirà fino al 22 luglio, data delle elezioni, continua senza esclusione di colpi. Il governo Erdogan ha cambiato nel giro di dieci giorni la Costituzione, con una riforma che alcuni giornali hanno definito «corsara». Il presidente della Repubblica adesso potrebbe essere eletto dal popolo. E il candidato per il partito di governo Akp sarà Abdullah Gul, lo stesso che è stato bocciato due volte dal Parlamento per mancanza del numero legale dal Parlamento e che qualche giorno fa aveva annunciato solennemente la sua rinuncia.
Ma il popolo della Turchia moderna guarda già avanti. Sabato prossimo sarà la volta di Samsun.
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