Nuove tariffe: alle Poste 250 milioni in più

La manovra varata con lo sguardo al 2009, anno della liberalizzazione

Paolo Stefanato

da Milano

L’ultimo atto dell’ex ministro delle Comunicazioni, Mario Landolfi, pubblicato venerdì sera sulla Gazzetta Ufficiale, è l’abolizione della posta ordinaria, che diventerà, ope legis, tutta prioritaria, con consegna garantita in 24 ore. L’aggravio in termini di spesa, è del 33%, perché scompare il francobollo da 45 centesimi, mentre rimane in uso soltanto quello da 60 centesimi. Contemporaneamente viene varata una complessa manovra tariffaria su quella che per la prima volta viene identificata come «posta massiva» (cioè quella «all’ingrosso», tipica delle aziende), che prevede francobolli di costo diverso secondo le destinazioni. Le maggiori entrate per le Poste sono stimate in una cifra nell’ordine dei 200-250 milioni di euro all’anno che, come si premurano di avvertire gli uffici dell’ultimo monopolista italiano, andranno a ridurre i contributi dello Stato.
La «manovra» (ma le Poste non gradiscono che la si chiami così) ha avuto una gestazione lunga, era già prevista nel piano industriale dell’azienda, e dovrebbe - stando alle promesse ufficiali - migliorare la qualità del servizio, allineando l’Italia a una scelta già operata in numerosi Paesi europei. Inoltre - assicurano alle Poste - l’impatto sul bilancio delle famiglie sarà minimo (si calcola che gli invii siano tre all’anno per nucleo), altrettanto lieve sarà il peso sul paniere dell’Istat, e la scelta acquisisce uno stato di fatto: e cioè che la posta prioritaria, con 80 milioni di invii, ha già superato quella tradizionale, scesa a 70 milioni.
Tutto questo avrebbe un senso se il servizio - che è sotto gli occhi di ogni utente - fosse realmente efficiente. Le Poste negano che ci sia stata una volontà di rallentamento dell’ordinaria per favorire la corrispondenza prioritaria, ma il sospetto resta; inoltre le 24 ore garantite per quella più veloce, troppo spesso non vengono rispettate. Non è vero poi che quei 200-250 milioni di maggiore spesa vadano solo in minima parte a gravare sulle famiglie: se è vero che i francobolli acquistati sono soltanto tre, è altrettanto vero che buona parte delle corrispondenze in arrivo - bollette, rendiconti bancari, comunicazioni del condominio, di professionisti o di enti pubblici - prevedono il rimborso delle spese postali, che quindi ricadono, più o meno surrettiziamente, a carico del destinatario.
Le Poste vantano da quattro esercizi un bilancio in attivo, in gran parte favorito dai ricavi dei servizi finanziari; ma, stando ai dati del 2005, a fronte di un utile di 349 milioni, i contributi dello Stato sono stati di 359 milioni. Come dire che senza questa voce, il risultato sarebbe stato, seppur lievemente, in rosso. L’azienda guidata da Massimo Sarmi lamenta costi di servizio molti elevati: oggi la singola spedizione ordinaria ha un costo tra i 70 e i 90 centesimi, mentre la singola spedizione prioritaria sale a 95. La perdita del settore corrispondenze nel 2005 è stata di 863 milioni, e l’intervento dello Stato si giustifica con l’obbligo per le Poste di svolgere il cosiddetto «servizio universale», che prevede la consegna di una busta allo stesso prezzo sia nel centro di Milano che a Cepletischis o a Roccalumera.

Sarmi ha ripetuto più volte di sentirsi pronto per Piazza Affari. Ma il vero appuntamento è un altro: l’apertura totale del mercato, prevista per il primo gennaio del 2009, che vede molti operatori stranieri già pronti per lo sbarco in Italia.

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