Milano - Ecco: «Volevo fare un disco maturo». Francesco Renga lo dice con nonchalance, quasi senza accorgersene, affidando la sincerità della sua frase allo sguardo che si illumina. Il cd Ferro e cartone esce il 12 ottobre e in effetti è un disco maturo, capace di mescolare testi sganciati dall’attualità - quindi vivi solo grazie alla potenza dell’immaginazione o della riflessione - a una tela musicale come raramente se ne ascoltano: complessa ma orecchiabile e mai troppo presuntuosa, complimenti. «Ma non so spiegarne il senso», dice lui presentando queste undici canzoni davanti a un bicchiere di vino.
È un nuovo Renga.
Per confermarlo tra pochi giorni pubblicherà anche un libro (Come mi viene - Vite di ferro e cartone, Feltrinelli, 97 pagg. 10 euro) che è lo svolgimento del disco: ogni capitolo è il titolo di una canzone anche se poi vive di vita sua e sgattaiola veloce senza impelagarsi in riflessioni da trombone. «Avevo voglia di esplorare la narrativa, di usare le parole senza voce come invece ho sempre fatto finora» spiega lui prima di aggiungere che «sono sempre autobiografico ma queste che leggete non sono le storie della mia vita». Anche Ambra Angiolini, con la quale vive a Brescia una vita felice, ha sgranato gli occhi leggendo i testi. «“Ma tu stai davvero così male?“, mi ha chiesto». Alla vigilia dei quarant’anni, Francesco Renga ha semplicemente sgranato le sue inquietudini in un rosario di pagine e canzoni che sono una novità perché hanno lo spessore che ci si aspetta senza avere la pesantezza che troppo spesso rallenta l’ispirazione di altri artisti convinti di averne ancora molta. «Quasi tre anni fa - dice lui - sono andato da Feltrinelli a spiegare la mia idea su questo personaggio che inizia a vivere una vita ai margini».
Una vita di ferro e cartone.
Per metterla in musica è andato fino a San Francisco, negli studi di Corrado Rustici che è un signor produttore e là ha trascorso più di un mese da solo, cantando, arrangiando i brani e girando in macchina per le vie di una città che «in fondo non è molto più grande della mia Brescia». È lì che è germogliato il nuovo Renga, l’ex cantante dei Timoria, il vincitore del Festival di Sanremo 2005 che rischiava di rimanere impelagato in un ruolo da comparsa senza avere una cifra stilistica immediatamente riconoscibile.
Invece in Ferro e cartone c’è finalmente quella leggerezza e quell’armonia che, ad esempio, permettono a Preda dei venti di contenere un fraseggio vocale molto complesso senza trasformarsi in un inutile sfoggio manierista o a Dove finisce il mare di parlare di Dio e di speranza evitando i luoghi comuni o le riflessioni sterili. E non è un caso. Anche nel bel mezzo del libretto che accompagna il cd c’è una citazione dal Vangelo di Luca. «Era una domenica e mio padre, che ha ottant’anni, mi ha chiesto di accompagnarlo a messa. Il prete ha citato quelle frasi di Luca: ho pensato che fossero tra le più rivoluzionarie che avessi mai sentito». Quando ne parla, smette di sorridere. «Ho ricominciato a pensare alla religione dopo la nascita dei miei figli, da quel momento ho davvero avuto bisogno di religiosità nella mia vita».
Sarà anche per questo che oggi si presenta così sereno alla prova del nove di questo album. D’accordo, il singolo Cambio direzione è stato uno dei più ascoltati dell’estate ma a dicembre (il 4 al Datch Forum di Assago) Renga arriverà sul palco a presentare «sette od otto nuove canzoni», mettendo alla prova la tenuta del disco e la sua capacità di trasformarsi in un evento live. Naturalmente da solo, senza ospiti speciali come ormai va tanto di moda: «C’è un’inflazione di duetti», dice lui.
E nemmeno ha voluto che si organizzassero letture pubbliche del suo libro perché «sono cose da tromboni».E quando lo dice, si capisce che ci crede e difatti lascia subito cadere la provocazione: quando c’è un album forte, la musica zittisce tutto il resto.
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