Contr'ordine compagni: l'anno nuovo, che sembrava nero, di colpo si rischiara. Padova-Sampdoria 1-2, Genoa-Udinese 3-2. Era dal tempo del miglior Gasperini che a una partita del Grifo non ci si divertiva così tanto. Un limpido e più che promettente trionfo della squadra di Marino a spese del sorpreso squadrone friulano, ad onta che l'arbitro Doveri di Roma rischi di imbrattarne i contorni non vedendo in partenza un fallo da rigore di Jankovic su Armero e non vedendo nel finale che Marco Rossi, con un prodigioso recupero dei suoi, porta via palla pulita a Di Natale e insomma non c'è fallo e non c'è rigore sicché risulta doppiamente iniqua l'espulsione del capitano rossoblu cui toccherà un beffardo turno di squalifica in omaggio alla regola demenzialmente antisportiva del «fallo da ultimo uomo». Parafrasando il detto di Leo Longanesi su Mussolini, Preziosi ha sempre ragione. Preziosi non sbaglia mai. Scommette. I suoi pochi errori, tra le molte intuizioni, sono per vero scommesse audacemente perse a ragion veduta. Lo dimostrano le sue immediate salvifiche virate a 180 gradi. «Ceffato» Malesani? Ecco Marino. «Ceffati» gli Eduardo, i Caracciolo, i Pratto, i Ze Love, i Birsa e perso tra le nuvole Kucka? Ecco là dietro a tutti l'incredibile Frey e là davanti a tutti il potente Gilardino che in attesa del miglior Palacio fa salire da solo la squadra ed ecco nel mezzo lo strepitoso Biondini che alza di colpo la velocità del gruppo e automaticamente contribuisce a valorizzare i singoli (a cominciare dal sagace Veloso, dall'esplosivo Jankovic e dall'incontenibile cavallone Constant finalmente «scoperto» da Marino nel suo naturale ruolo di esterno sinistro della «quattro» di difesa) intanto che cementa il lavoro del collettivo. Risultato: Grifone nuovamente a ridosso delle Sette Sorelle. E da lì, con uno Sculli in più, chi lo scardina più? (E comunque io, giovedì sera negli «ottavi» di Coppitalia a San Siro contro un'Inter inebriata dal derby, andrei a giocarmela al 100%, senza pensare alla trasferta domenicale a Palermo).
Prima trasferta stagionale per Edoardo Garrone e liberatoria vittoria blucerchiata, a Padova, dopo 8 turni di astinenza (5 pari e 3 sconfitte): con l'aggravante delle inquiete vacanze di Natale, 70 interminabili giorni d'ansia e di diatribe. Dice, il vicepresidente vicario: «Vorrà dire che d'ora in poi non salterò più una trasferta della squadra. Scherzi a parte, ho finalmente visto la Sampdoria che \mi piace, con accentuata percentuale di giovani impiegati». Parole giuste. Cui d'ora in poi dovranno però attenersi i fatti. Sia chiaro, non mi riferisco allo scaramantico obbligo di pellegrinaggio del prode Edoardo, bensì al «largo ai giovani» che finora si è principalmente risolto in autentiche beffe propiziate dagli uccellini che, da Milano e da Roma, fastidiosamente cinguettano all'orecchio di Corte Lambruschini. Sai che i giovani di valore ti garantiscono più corsa e più entusiasmo, intanto che pesano molto meno alla voce ingaggi, e cedi Marilungo all'Atalanta e Poli all'Inter, ti impegni d'acchito per Obiang alla Roma, ti fai fregare Missiroli dal Sassuolo per la stessa cifra spesa per Don Juan dal Brescia, e trascurando che intendi liberarti del peso economico di Palombo mandi Signori in prestito al Modena senza averlo mai provato in prima squadra non potendo ignorare che si tratta del centrocampista più completo a tua disposizione? Comunque attenzione, come sorprendentemente insegna la Juve Stabia con i formidabili «sconosciuti» Baldanzeddu e Dicuonzo, Erpen e Zito, Cazzola e Mezavilla e Sau, fondamentale è saper miscelare con giudizio giovani e meno giovani dalle gambe toste e i piedi buoni. Oltre al risaputo Obiang, abbiamo visto con piacere all'opera Berardi a destra e Krstcic a sinistra, Rossini nel fortino e lo stesso Don Juan dai piedi buoni a frenare Italiano; ma gioverà ricordare - prima di decidere a vanvera - che la difesa blucerchiata non può prescindere da Gastaldello, che il centrocampo si è ulteriormente rinsaldato quando è entrato un tonico Palombo al posto del generoso casinista Padalino, che quando è subentrato all'esausto Pozzi perennemente a rischio di espulsione l'«indolente» Piovaccari si è sì mangiato un gol (che si era magistralmente creato in triangolo con Don Juan) ma ha pure sradicato avversari come birilli. Tant'è che nessuno mi leva dalla testa che - col fisico, il colpo di testa, la progressione e i piedi che ha - l'«indisponente» Piovaccari sia stato la prima vittima del pernicioso manicheismo di Atzori.
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