Il nuovo incubo dei terremotati: dopo la terra ora fa paura l’acqua

nostro inviato all’Aquila

«Corri che non mangi!». La bambina affonda gli stivaletti rossi nel fango. Ha fame e infatti va veloce verso una volontaria della Croce Rossa. Corre nella Città dei mostri felici. Così hanno chiamato la loro tendopoli, i piccoli del campo di Acquasanta: l'accampamento è una città blu su un foglio bianco, con tante streghe e animali che volano nell’aria. Oggi all’Aquila i mostriciattoli sguazzano nella terra liquida, perché piove da tutta la notte. Piove con un getto violento che non ha rispetto per gli anziani che tossiscono sotto il loro tetto di tela, né per i vestiti stesi, i pochi panni di una vita fatta di attesa. Dalle tende chiuse arriva il mormorio di conversazioni lente come questa giornata che non finisce mai.
Vicino a Teramo c'è un fiume in piena: il Vomano. Adesso anche l’acqua fa paura, dopo la terra. Si temono esondazioni. Due laghi sono osservati speciali: quello di Campotosto, con la grande diga, e quello, più piccolo, di San Demetrio. A Campotosto, il Vomano in piena ha travolto un’auto su cui viaggiavano marito e moglie. Sono stati salvati dai vigili del fuoco. I terremotati ospitati nei campeggi di Roseto e Pineto, nel teramano, sono stati fatti sgomberare anche da lì e spostati in un albergo. La natura in Abruzzo non ha pace.
I primi allagamenti sono tra le tende. A piazza d'Armi l'acqua ha invaso il piccolo rifugio delle stanze sul prato. È una prepotenza che come il terremoto arriva dal basso, entra come un ferro bagnato nel calore delle tende, il posto più intimo per chi non ha più il suo cuscino. Alla tenda-segreteria una donna grida: «Ci piove dentro da tutte le parti!». La pioggia irrompe nella testa, fa saltare l'equilibrio costruito sulla sopravvivenza e la paura passata.
La Protezione Civile ha montato 27mila metri quadrati di passerelle e 3mila metri cubi di ghiaia per assorbire l'acqua. Ma c'è un pensiero scuro dietro a questa pioggia furiosa che nessun volontario può placare. E' il tempo morto, l'attesa di uno squarcio azzurro in questo cielo che si accanisce. E' il tempo dei pensieri. Per questo si cerca tenere sempre occupati i bambini: a Paganica hanno il loro cineforum. Il campo della zona del centro commerciale «Globo» cerca insegnanti volontari.
Gli adulti invece non sanno inventarsi mostri felici. Iniziano a litigare, la convivenza con chi non è del posto diventa difficile. «Qui prima o poi scoppia tutto - racconta la signora Bianca Maria, nella città blu di piazza d'Armi - Signorì, io non ero razzista, lavoravo al mercato di piazza Duomo. M'hanno fatto diventare». Il censimento in corso in questo campo sta dicendo che sono moltissimi gli ospiti che hanno approfittato dell’ospitalità senza diritto: «Qui accanto dormivano in quindici in una tenda! Dicono che sono di Paganica, o di Onna, e che non hanno più i documenti perché sono fra le macerie. L'altra sera c'è stata una rissa. Hanno buttato fuori due stranieri dal campo».
Alle quattro del pomeriggio la tenda numero 60 è circondata dall'acqua, la ghiaia si scioglie. Il lago di fango s'infila sotto la plastica e corre in rivoli sottili fino alle brande.
Quattro uomini escono e con le scope cercano di spazzare l'acqua, per allontanarla dall'unico bene che hanno, la tenda difesa come una casa. Sono figure gocciolanti che si muovono lente. Si fanno consegnare una pala, scavano un percorso in quella terra molle per catturare il nemico da mettere in gabbia. Nella segreteria-tenda adesso arriva un uomo che supplica: «C'è un'anziana che tossisce tutta la notte». Stanno aumentando gli ammalati per freddo. Nella farmacia più vicina ad Onna consegnano antibiotici in continuazione. I farmacisti non hanno tempi morti.
Al campo di Acquasanta invece stanno pensando a un modo per riempire la lentezza del giorno infinito: consegnare libri.

«Ne arriveranno 300 da Jesi», racconta un volontario. Qui ci si riposa molto: «Dormono tutti», ti dicono quando è ancora pomeriggio. Ma osservando nelle pieghe bagnate della plastica si vedono occhi aperti. Spesso non sono posati su niente.

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