Nuovo «obbedisco» di Maroni: voto la fiducia a Romano

RomaContrordine, padani. Anche Bobo Maroni è passato come una meteora attraverso il Pantheon dei potenziali regicidi su cui si appuntano di volta in volta le speranze delle opposizioni politiche e sociali.
Niente da fare: dopo qualche passeggera effervescenza, il ministro dell’Interno si allinea e pronuncia il suo «obbedisco»: ieri su Marco Milanese, oggi pure sul ministro Saverio Romano. Che è un boccone assai più amaro da buttare giù, dal punto di vista leghista: democristiano, siculo, trasformista (era all’opposizione fino a qualche mese fa) e pure indagato per cose di mafia. La lotta alla quale sarà pure «l’iniziativa più importante di questo governo», come rivendica Maroni, ma certo non passa per la sfiducia al suddetto ministro. «Nei confronti di Saverio Romano è stata presentata una mozione di sfiducia da parte dell’opposizione, così come ne sono state presentate altre in passato e sono sempre state respinte. Francamente non vedo perché non si debba fare la stessa cosa nei suoi confronti», ha spiegato ieri il titolare del Viminale.
È la conferma definitiva, se ce ne fosse stato bisogno, che lo «strappo» maroniano su Alfonso Papa è stato solo un esperimento, funzionale in quel momento a testare il rapporto di forza tra Bossi e il suo aspirante successore, e pazienza che sia stato fatto sulla pelle viva del deputato campano, finito negli inferi di Poggioreale. Mercoledì prossimo, come la settimana scorsa su Milanese, non accadrà nulla: la maggioranza ci sarà e il governo sopravviverà all’ennesimo scossone. Maroni, in questo in sintonia con il segretario Pdl Angelino Alfano, sa che se si vuol incassare l’eredità è meglio evitare di scontrarsi col «padre» e ancor più di disconoscerlo. E quindi vai con le professioni di fede nel partito e nel Capo: «La Lega è un movimento che ha un leader e una linea politica, tutto il resto sono sciocchezze. La Lega è sempre compatta, questa è la nostra forza: certo si discute e si esprimono anche opinioni diverse nel dibattito, ma poi si arriva alla sintesi e alle decisioni che tutti seguono». E i malumori della base leghista, che si sfogano sul web, Maroni li liquida così: «La base la conosco bene. Non ha molto senso andare a prendere un blog non si sa scritto da chi, che dice male del ministro Maroni o di qualcun altro. In questi ultimi 20 anni tanta gente ha scritto male di me, ha scritto bene di me: mi lascia del tutto indifferente».
Quanto al futuro, chi auspica o prevede un tandem Alfano-Maroni alla guida del centrodestra di domani, ieri ha trovato una mezza conferma nelle parole affettuose riservate dal ministro dell’Interno al segretario del Pdl: è stato «molto saggio» Alfano a sottolineare che l’alleanza con la Lega è indispensabile per il governo.

Mentre «meno saggio» è lo scalpitante sindaco di Roma Alemanno, ansioso di ritagliarsi in fretta un ruolo nazionale che gli permetta di andarsene dal Campidoglio, che invece invoca un «ridimensionamento» del ruolo del Carroccio. Beccandosi la rispostaccia del vice capogruppo leghista Dussin, che la Capitale la frequenta: «Alemanno passa più tempo a parlare di noi che a occuparsi di Roma. E i risultati si vedono».

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