Cronaca locale

O mie belle Madonnine che proteggete la città

C’è chi abbozza un segno di croce e chi invece guarda e va oltre. Chi mette lumini e chi cellophane per ripararle

Massimo Piccaluga

Ci si accorge di loro solo percorrendo a piedi i quartieri più vecchi e popolari. Dispensano un briciolo di serenità dall’interno di edicole, altarini, tempietti, tabernacoli o nicchie ricavate sui muri degli edifici più modesti. Sono le Madonnine create nell’Ottocento da artisti minori, mai passati alla storia.
Quante ne rimangono oggi a Milano? Escludendo dall’elenco le immagini sacre spesso presenti nei cortili delle vecchie case, quasi sicuramente non sono più di una ventina: la speculazione edilizia, lo smog e l’indifferenza hanno drasticamente ridotto il loro numero.
Le immagini più rappresentate sono quelle dedicate alla maternità di Maria. Ma ci sono anche due Pietà, una Annunciazione e una Assunzione in Cielo. Al civico 6 di via Gentilino, accanto a una trattoria che nel Settecento era una locanda frequentata dai carrettieri provenienti dal Pavese, c’è ancora la Madonnina forse più accudita di Milano: «I fiori li mettiamo noi e qualche abitante della zona», dicono Paolo e Fabio, che sono i giovani gestori della trattoria. Tulipani azzurri e fiorellini di campo, per quanto in plastica, non mancano mai. Poco distante, in via Conchetta, al 20, c’è una Pietà scolpita. La veste di Maria che sorregge in grembo Cristo morto è azzurra. Entrambe le aureole sono dorate. Una targhetta svela che l’opera è stata ristrutturata nel 1981 dallo scultore Olivi e riporta anche una poesia dedicata alla «Madonina de la cuncheta» scritta dalla poetessa dialettale Ada Lauzi: «... Lì dal to cantonscell, guarda la tòsa... benediss el bagaj, protegg la sposa...».
Sempre in zona Navigli, nel cortile di una vecchia casa in via Ascanio Sforza 21, una grande cornice malandata in legno racchiude un’altra Pietà eseguita a fine Ottocento con un tratto ingenuo ma suggestivo. «I giovani che abitano qui - dice il filippino Walfredo, da cinque anni portinaio dello stabile - non ci fanno quasi mai caso. Però ogni tanto qualche ex inquilino anziano entra in cortile, vede con gioia che la Madonnina è sempre lì e allora si ferma un po’ davanti a lei in raccoglimento». Poco distante, in Alzaia Naviglio Grande, al 4, troneggia una Assunzione all’interno di una grossa cornice lignea. Il dipinto è su tela ed è protetto da una vetrata lavorata con delicati fiori trasparenti. Vesti rosse e mantello azzurro, la Madonna è in cielo tra quattro angeli. Matteo Laganà, pittore di soggetti milanesi con atelier nelle vicinanze, l’ha restaurata negli anni Settanta su incarico delle anziane proprietarie dello stabile.
Però in zona c’è anche una Madonnina povera e trascurata. È quella che sovrasta un bar all’incrocio tra Ripa di Porta Ticinese e via Argelati: la recente ristrutturazione dell’ex cascinale ha lasciato ai bordi del dipinto annerito dallo smog lembi di cellophane che sebbene l’abbiano protetta durante i lavori, adesso non le rendono un buon servizio.
L’unica Annunciazione popolare di Milano invece è visibile al civico 72 di via Canonica: l’Arcangelo Gabriele con vesti color ocra porge un giglio a Maria avvolta in un manto blu. Sullo sfondo si intravede un paesaggio campestre con alberi, monti e prati: forse l’anonimo pittore ottocentesco ha voluto emulare con civetteria la tecnica di Leonardo. L’altarino più addobbato è in viale Monte Nero, al 44: da una grata protettiva, alla fioca luce di un lumino elettrico, si vede una Maternità su tela racchiusa in una vecchia cornice di legno intagliato. Sul poggiolo esterno ci sono vasetti con fiori di carta e di plastica, due lumini di cera accesi e un rosario: «I lumini li porta sempre una signora anziana - dice il materassaio con negozio lì accanto - i fiori invece li cambia spesso la portinaia dello stabile. Però vedo anche tanti giovani che, passando accanto all’altare, si fanno un furtivo segno di croce».
Altre raffigurazioni mariane sopravvissute fino a oggi si trovano in via San Vittore 29; in via Francesco Sforza angolo San Barnaba; in via Lanzone su un fianco esterno della chiesetta-gioiello di Sant’Agostino; in corso di Porta Ticinese 56; alle Colonne di San Lorenzo e in piazza Costantino sul naviglio Martesana.

Stanno ancora lì, ormai quasi invisibili, a testimoniare una citttà che fu scomoda, popolata di affanni e di povertà ma forse per questo più ricca di legami tra i suoi abitanti.

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