Limmane disastro ecologico del Golfo del Messico, causato dalla fuoruscita del petrolio, mi induce a due riflessioni. La prima. Obama considera la sciagura un fatto prettamente americano e chiede alla Bp di risolvere il problema intimandole di risarcire tutti i danni provocati ai suoi compatrioti. Ma la Terra è una, piccola e dallecosistema molto fragile, e il danno di milioni di barili riversati in mari aperti è di tutta lumanità, non solo degli americani! In un film con De Niro che ho visto di recente, un personaggio affermava che bastavano due cucchiai di olio di macchina per inquinare irrimediabilmente le riserve dacqua di una nave da guerra! Questo petrolio tra poco finirà nella corrente del Golfo, e buonanotte al secchio. Tutta lumanità devessere risarcita. Seconda riflessione. Il petrolio è lelemento che inquina maggiormente il pianeta: aria (emissioni dei motori di ogni natura, auto, caldaie, aerei, ecc.), acqua (superfluo elencare), sottosuolo (fusti interrati di oli di recupero, ecc.). Il gas è lelemento che fa decine di migliaia di vittime ogni anno per esplosioni e intossicazioni negli appartamenti. E per entrambe le fonti energetiche, non parliamo dei disastri provocati da gasdotti e oleodotti, oltre ai costi. Eppure, lunica energia della quale vengono dette peste e corna dagli ecologisti è quella nucleare che è pulitissima e non fa una vittima allanno! Mi dica quale sedere dobbiamo prendere a calci.
Buccinasco (Milano)
Aspetti, caro Belisari, tenga gamba e scarpa a riposo. Quello del Golfo del Messico non è l«immane» disastro ecologico che gli ecologisti tentano (timidamente, occorre riconoscere) di spacciare. Abbiamo già parlato, in questo «Angolo», del precedente «immane» disastro ecologico: quello provocato dalla Exxon Valdez nel Golfo dellAlaska. Sembrava fosse suonata la fine del mondo, ma a conti fatti lecosistema, che non è così fragile come lei pensa, non ha subito nemmeno una bottarella, nessun veleno ha intossicato per sempre il mare e non cè stata lannunciata falcidia delle specie animali le quali, invece, godono di ottima salute. Pesci e uccelli non sono fessi e, salvo qualche dozzina di sprovveduti, si tennero alla larga dalla macchia finché il mare non la riassorbì (il petrolio è un elemento naturale che ha grande familiarità con il fondo marino). Quelli che la compagnia petrolifera è chiamata a pagare non sono dunque i danni allumanità, che dalla macchia nera nel Golfo del Messico non subirà nessuna conseguenza, ma quelli provocati dal petrolio ad attrezzature, impianti, arenili e scogliere della costa. Un lavorone, quello sì, dal costo iperbolico.
Comunque sia, Deepwater Horizon o non Deepwater Horizon, è evidente che la sola energia alternativa al petrolio è quella nucleare. Questo fino a quando i verdi non dimostreranno nella pratica che con leolico o il solare si possono mandare avanti i treni e la Fiat. O far salire e scendere un semplice ascensore condominiale. Ora che sono orbi del riscaldamento globale, finito in archivio senza tante storie, i pasdaran ambientalisti gli danno dentro con il «No nuke», perché altro pretesto per far gazzarra non gli è rimasto. Ma, al solito, la loro è una battaglia di retroguardia, destinata a essere perduta. Lo stesso Obama, caro, Belisari, ha infilato alla chetichella nel suo poderoso piano in difesa dellambiente lo stanziamento di oltre 8 miliardi di dollari per la costruzione di due centrali nucleari. Le prime dal 1979, dal tempo dellincidente di Three Mile Island. Non è tutto: le due centrali sono solo linizio (sei o sette seguiranno).
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