È il refrain più gettonato del momento, una sorta di mantra economico popolare quanto lo slogan «zero tituli» coniato da José Mourinho: «il peggio è ormai alle spalle». A pronunciare ieri la frase, declinata con diverse sfumature ma identico senso, sono stati, in ordine di importanza, Barack Obama, il ministro del Tesoro Usa, Timothy Geithner, e il capo di Bank of America, Ken Lewis. Certo lAmerica, come lintero mondo industrializzato, non ha ancora scollinato il Tourmalet della recessione. Lo dimostra il taglio, da parte della Federal Reserve, delle stime sul Pil 2009 (contrazione tra l1,3 e il 2% contro il -1,3 e il -0,5% previsto in gennaio), così come la minor crescita attesa per lanno prossimo (tra il 2 e il 3,3%). Linizio della ripresa è collocato nella seconda metà dellanno in, ma dalle minute di aprile della banca centrale guidata da Ben Bernanke si legge che la locomotiva Usa non tornerà a esprimere il proprio potenziale «prima di cinque o sei anni» e che la disoccupazione toccherà nel 2009 il 9,6% (attualmente è all8,9%).
Eppure i segnali di un umore diverso rispetto a quello color pece di qualche settimana fa ci sono. Li vede Obama in «un certo ritorno alla normalità dei mercati finanziari». Basta del resto osservare il grafico in questa pagina: dallinfarto borsistico dinizio marzo fino ad oggi il battito del Dow Jones ha recuperato oltre 2mila punti. Ieri gli indici di Wall Street si sono però presi una pausa (-0,62% il Dow Jones, -0,39% il Nasdaq), a differenza di quelli europei, dove solo Londra (-0,31%) si è mossa in controtendenza (a Milano +1,89% il Mibtel). Un effetto-Obama con riflessi anche sui mercati valutari: leuro ha sfiorato quota 1,38 dollari (1,3788 il picco della seduta, massimo dellanno), a conferma di un ritorno alla propensione al rischio che toglie ossigeno alle monete difensive. Nel frattempo, non si ferma la marcia del petrolio, sopra i 62 dollari il barile per la prima volta dal novembre scorso.
Anche se gli indicatori congiunturali continuano a sfornare dati recessivi, i mercati stanno - come sempre - anticipando la recovery. «Il sistema finanziario inizia a guarire», ha confermato Geithner davanti al Congresso. Merito anche degli stress test cui sono state sottoposte 19 banche americane, che hanno «contribuito a rilanciare la fiducia dei mercati». Il segretario al Tesoro non ha lesinato cifre sulle azioni con cui le banche si sono rafforzate: la loro base patrimoniale è stata aumentata per un totale di 56 miliardi di dollari, 34 dei quali raccolti mediante emissioni di nuove azioni comuni. «Dei 56 miliardi di dollari - ha detto Geithner - circa 48 miliardi sono già stati raccolti o ci sono piani per raccoglierli». Nei giorni scorsi, inoltre, più di una banca aveva espresso lintenzione di rimborsare anticipatamente gli aiuti ricevuti. Geithner prevede infatti un rientro nelle casse federali, entro lanno prossimo, di circa 25 miliardi. Grazie a questa cifra, rimarranno 124 dei 700 miliardi messi a disposizione con il Tarp, il piano di sostegno al sistema bancario, da impiegare per soccorrere gli istituti che ne faranno richiesta e per il settore dellauto. Il successore di Paulson ha poi anticipato che il piano di pulizia degli asset tossici sarà avviato nelle prossime sei settimane.
Anche il numero uno di Bank of America, Lewis, è convinto che «siamo allapice di ciò che si tramuterà in una ripresa economica sostenibile» e ammette che gli stipendi dei banchieri andranno riformati e adeguati alle prestazioni delle aziende. Ben più ampia è invece la riforma con cui Obama intende attribuire alla Federal Reserve maggiori poteri di vigilanza, sottraendoli alla Sec (la Consob Usa).
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.