«Ma Obama fa peggiorare la situazione è ora di lasciar fallire qualche banca»

«Ma Obama fa peggiorare la situazione è ora di lasciar fallire qualche banca»

La sua è un’opinione che conta: Arthur C. Brooks è il presidente dell’American Enterprise Institute, uno dei più famosi think tank americani. E in questa intervista esclusiva al Giornale stronca i piani economici di Obama indicando nel mercato l’unica soluzione alla crisi.
Che cosa non va nelle riforme del presidente americano?
«Semplice: stanno contribuendo a peggiorare la situazione. Ha stanziato quasi mille miliardi di dollari per rilanciare l’economia, ma esaminando nel dettaglio la manovra ci si accorge che è un’operazione di ingegneria sociale allo scopo di trasformare gli Usa in una socialdemocrazia. I liberal avevano bisogno di un pretesto per varare misure che in tempi normali gli americani non avrebbero mai accettato. La crisi equivale al loro 11 settembre: nel 2001 l’attacco di Al Qaida permise al governo di varare provvedimenti straordinari in tema di sicurezza, giusti o sbagliati che fossero. Oggi avviene lo stesso in campo sociale».
Ma gli effetti potrebbero essere positivi, non crede?
«No, perché scoraggiano lo spirito imprenditoriale con una serie di misure vessatorie e la storia dimostra che quando questo avviene gli Usa anziché migliorare s’impoveriscono. Il problema è che la sinistra non crede alle capacità dell’individuo di risolvere i problemi e tende a portare tutto sotto il mantello dello Stato. Obama vuole addirittura ridurre le detrazioni per le opere di carità; è convinto che solo il governo possa decidere come aiutare i poveri e far del bene alla comunità».
E allora come si esce dalla crisi?
«Ricorrendo a politiche monetarie adeguate e usando la leva del fisco, ma in senso inverso rispetto a Obama: occorre tagliare le imposte sulle aziende e, soprattutto, non aumentare quelle sul reddito. Punire chi guadagna di più finisce per scoraggiare gli imprenditori».
Questo in tempi normali, ma i costi esorbitanti per salvare il sistema finanziario non permettono una riduzione delle entrate dello Stato. Come si esce da questa trappola?
«Ponendo fine a quella che è una profonda ingiustizia o meglio, al tradimento di uno dei principi fondamentali del capitalismo, quello della responsabilità individuale. L’attuale sistema privatizza i profitti e socializza le perdite. Il governo non sta salvando chi si è comportato bene, ma chi ci ha portato in questa situazione».
Obama, però, l’ha ereditata dal precedente governo, che era repubblicano...
«E infatti per questo il partito repubblicano ha perso le elezioni. Nella precedente legislatura ha lasciato che il governo assumesse dimensioni enormi e la corruzione di conseguenza è aumentata. I controlli non hanno funzionato, l’inefficienza si è diffusa e si è creata la bolla che ora è esplosa».
I tentativi per salvare le banche finora sono falliti. Perché?
«Perché ci si è illusi che il peggio potesse essere evitato. E invece la recessione è arrivata comunque e sarà molto dura. Bisogna smettere di illudersi che si possa salvare tutti: il sistema ripartirà solo se si permetterà al mercato di funzionare. E allora: se certe banche sono insolventi bisogna lasciarle fallire e permettere a quelle sane di espandersi. Ci saranno delle perdite, ma poi il sistema ripartirà. D’altronde cosa abbiamo ottenuto finora? Insisto: chi ha sbagliato deve pagare».
Ma la casta dei banchieri non paga mai...
«E infatti questo è inaccettabile. Questi signori devono essere chiamati a rispondere delle proprie responsabilità e invece il governo spende i soldi dei contribuenti per tentare di salvare gli istituti da loro affondati. Il tutto senza costrutto per l’atteggiamento ondivago dell’amministrazione. Imbocca una strada, l’abbandona, poi la riprende. Invece dovrebbe tenere una rotta».
È giusto salvare chi rischia di perdere la casa?
«Secondo me no. È vero i banchieri hanno sbagliato, ma anche chi ha comprato case con mutui al 100% senza poterselo permettere deve prendersi le proprie responsabilità. Hanno fatto male i conti, perché non dovrebbero risponderne?».
Alcuni economisti ritengono che il fallimento di banche importanti provocherebbe uno tsunami. Lei mi sembra più ottimista...
«Non posso prevedere con esattezza che cosa accadrebbe, ma penso che il sistema finanziario sia in grado di reggere questo choc».
Quanto durerà la crisi?
«Male il 2009, assestamento nel 2010, ripresa nel 2011».
Nessuna buona notizia all’orizzonte?
«Sì, una.

Un presidente che attua politiche di sinistra tradizionalmente favorisce i conservatori. Se prima non ci fosse stato Carter, non avremmo mai avuto Reagan. Questa crisi può essere un’opportunità, bisogna solo pazientare».
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