Milano - Il Censis avrebbe forse parlato di «un’Italia in apnea». Il Fondo monetario internazionale e l’Ocse, meno immaginifici, lasciano che a parlare siano i numeri. Ma il risultato non cambia: se l’America continua pericolosamente a flirtare con la recessione e l’Europa accusa la decelerazione del ciclo, il nostro Paese ha il fiato corto ed è (quasi) fermo.
L’Ocse ci accredita di una crescita 2008 dell’1,1% (1,9% per Eurolandia), ridotta rispetto alla stima dell’1,3% diffusa nello scorso dicembre, ma suscettibile di ulteriori aggiustamenti verso il basso a causa delle indicazioni negative giunte da ordinativi, fiducia dei consumatori e vendite di auto. Il capo economista dell’organizzazione parigina, Jurgen Elmeskov, si pone una domanda («perché la crescita italiana è così bassa?») e trova subito una risposta: sono necessarie riforme strutturali e una migliore performance della produttività, il cui andamento nell’insieme resta «un mistero».
Il Fmi è ancor meno ottimista: quest’anno l’espansione sarà limitata a un mediocre 0,6% (1,6% l’eurozona) e la situazione non è destinata a migliorare neppure nel 2009 (più 0,8%). In entrambi i casi, gli esperti di Washington hanno tagliato le stime italiane di 0,7 percentuali rispetto a quelle formulate nell’ottobre 2007. L’elevato debito pubblico, spiega tra l’altro il Fondo, è un handicap tale da impedire all’Italia di poter mettere in campo misure di stimolo economico, consentite invece ai Paesi provvisti di conti più in ordine. Gran parte delle ultime analisi dei due organismi internazionali si focalizza sulla crisi americana e sugli interventi posti in essere dalla Federal reserve, il cui intervento di martedì scorso (tassi tagliati dello 0,75%) è giudicato dal Fondo «deciso e coerente». Nonostante i ripetuti allentamenti della politica monetaria e il piano di sgravi fiscali da 168 miliardi di dollari fortemente voluto dalla Casa Bianca, per l’America il 2008 sarà «un periodo molto nefasto», ha detto Elmeskov, caratterizzato nel secondo trimestre da una crescita zero. Gli alti tassi di sviluppo degli ultimi anni non saranno quindi ripetuti: il Pil 2008 dovrebbe crescere infatti dell’1,4% contro il 2% previsto in dicembre, mentre l’Fmi parla di un più 1,5% e di un più 1,7% nel 2009 e di un’economia «davvero molto vicina a una possibile recessione».
L’Ocse attribuisce le responsabilità maggiori del drastico rallentamento Usa al mercato immobiliare, che ha già «sottratto un punto percentuale al Pil Usa» e «avrà il medesimo impatto quest’anno», ma anche i prezzi del petrolio - stimati dal Fmi attorno ai 95 dollari il barile quest’anno e il prossimo - agiranno da limitatore alla crescita. Né l’Ocse, né l’Fmi sembrano invece voler sbilanciarsi sui mercati finanziari, da tempo fortemente volatili.
Ieri Wall Street ha ripreso a correre (più 2,16% il Dow Jones, più 2,18% il Nasdaq), trainata dai risultati meno peggiori del previsto dell’indice Fed di Philadelphia (meno 17,4 punti in marzo), da General Electric dopo che Merrill Lynch ne ha alzato il rating e dalle agenzie semi-governative Freddie Mac e Fannie Mae che beneficiano della riduzione dei vincoli patrimoniali. Altra musica sui mercati europei, tutti in ribasso (meno 1,63% Milano) a causa della possibile perdita nel primo trimestre di Créditi Suisse. Anche l’euro continua a perdere colpi: ieri è sceso fino a 1,5393 dollari.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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