Odetta, voce del canto folk-blues

Antonio Lodetti

Odetta, un monumento del canto folk blues, fonte d’ispirazione per Dylan e Joan Baez («ho solo indicato loro la strada», ci ha detto) oggi è un’artista di culto. Per questo il suo minitour italiano, partito dal Blueshouse di Milano, è stato seguito da pochi e competentissimi appassionati, amanti della tradizione nera. L’atmosfera è quella di un locale del Greenwich Village anni Sessanta; volti assorti, rapiti dalla tonante potenza del contralto di Odetta (75 anni, anche se alcune biografie gliene tolgono sei) che canta con trasporto raccontando un secolo di musica popolare. Odetta non suona più la chitarra; ora punta solo sul vigore declamatorio delle interpretazioni (e sullo spartano pianismo «barrelhouse» del fedele David Keyes) toccando le corde della protesta politico-sociale («chi non vuole ascoltare queste parole si tappi le orecchie», annuncia introducendo la maestosa ballata Something Inside On Me e l’omaggio all’epico cantastorie Leadbelly Bourgeois Blues), quelle del puro country blues (Careless Love), quelle del divertissement (Boogie Stomp). Guidata dalla voce scura e ricca, che si allarga ancora con baldanza dai toni bassi a quelli più alti, trasforma il piccolo palco in un pulpito profano da cui lanciare ora le sue invettive, ora i suoi inni d’amore.

Ha marciato accanto a Martin Luther King, ha cantato il blues a Chicago con artisti come Big Bill Broonzy e Josh White, ha fatto la storia ed ora è ancora qui a raccontare se stessa e un mondo di sentimenti (senza nostalgia) che non trova spazio nella frenetica vita dei nostri giorni.

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