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Odissea sussidio: morire a 3 anni

Era affetto da paralisi cerebrale infantile, i genitori hanno speso tutto per curarlo e l’Inps ha negato l’invalidità. La famiglia ha presentato ricorso d’urgenza ma è stata convocata troppo tardi

Odissea sussidio: morire a 3 anni

Nel Paese dei falsi invalidi, Riccardo, 3 anni e mezzo, invalido vero, non è mai riuscito ad ottenere il riconoscimento del suo handicap. Riccardo era talmente invalido che un semplice virus se l’è portato via un mese fa.

Se ne è andato due settimane prima che i suoi genitori riuscissero a parlare con il giudice del Tribunale di Catania, città di residenza, al quale si erano rivolti per ottenere «con urgenza» quel sostegno economico necessario ad affrontare le cure fatte di lunghe e costose trasferte negli ospedali del Nord. Se ne è andato prima di vedere i suoi genitori sbattere i pugni sul tavolo contro una burocrazia insensibile che ha rinviato tout court il suo caso a febbraio 2011 «causa maternità del giudice».

Così l’anno prossimo, ad un anno esatto dalla sua morte, la giustizia deciderà della possibilità o meno di concedergli quel diritto del quale non avrà più bisogno.

È una storia dolorosa quella che i genitori di Riccardo Diana hanno deciso di raccontare «perché chi soffre veramente non può essere abbandonato e finire nelle maglie soffocanti della burocrazia». Riccardo nasce prematuro nel giugno del 2006 alla 25ma settimana di gestazione, all'esito di una gravidanza gemellare con morte intrauterina del fratello. I medici riescono a salvarlo, ma l'emorragia cerebrale di cui ha sofferto alla nascita lascia pochi dubbi. Riccardo rimane affetto da paralisi cerebrale infantile. I primi cinque mesi di vita sono contrassegnati da continue crisi respiratorie, convulsioni e interventi chirurgici. I genitori si affidano ai centri più avanzati per curare il loro bambino che, a dispetto di tutto, vuole farcela. Viene ricoverato per otto mesi all'ospedale di Circolo di Varese e curato a cadenze mensili nel centro Stella Maris di Pisa. Spese e trasferte, tutto a carico loro.

«Ci hanno aiutato le rispettive famiglie, noi abbiamo speso tutto quello che avevamo per dare a Riccardo le cure migliori», racconta il papà Benedetto Diana. Riccardo sembra farcela ma a nulla pare valere la sua battaglia contro l'inerzia e la lungaggine della burocrazia che non gli riconoscerà mai la pensione di cui avrebbe diritto.
«Il caso di mio figlio è esemplificativo di come e quanto sia difficile, per una famiglia che si ritrova a dover gestire un bambino disabile, vedere riconosciuti quei diritti indispensabili a garantire al proprio bambino una accettabile qualità della vita, ricadendo nel paradosso che proprio ciò che dovrebbe costituire un aiuto sostanziale diventa un problema in più da risolvere» dice ancora Benedetto Diana. Riccardo non riesce a stare seduto da solo, ha una grave ipotonicità del tronco e non controlla il capo; non riesce ad afferrare nulla con le mani ed ovviamente non cammina. Dipende quindi totalmente dagli altri, non avendo alcuna autonomia. Eppure il verbale della visita presso la commissione Asl «avvenuta in condizioni a dir poco disagiate solo nel luglio del 2007, in una giornata caldissima e in mezzo a una calca assordante di persone vocianti, dove il nostro era l'unico bambino presente - racconta il padre - fa riferimento all'indennità di frequenza e non all'accompagnamento che la gravità della condizione di Riccardo, a detta di chiunque, specialista e non, giustificherebbe appieno. Ci siamo dunque visti costretti a proporre ricorso davanti al giudice, il quale fissa l'udienza, nonostante il carattere di urgenza per il febbraio 2010».

«Il nostro bambino è morto 15 giorni prima - racconta la mamma di Riccardo - ma noi tutto questo al giudice non abbiamo neppure potuto dirlo, perché quel giorno ci siamo visti rinviare la causa a febbraio del prossimo anno, causa maternità».

«Sappiamo che i controlli in un Paese di falsi invalidi ci devono essere - denuncia la mamma di Riccardo -, ma non a discapito dei veri invalidi.

Come nostro figlio e tutti gli altri in condizioni più o meno simili».

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