Gianluigi Nuzzi
da Milano
Se si dà dello «sprovveduto» o dell«incauto» a un magistrato scattano denuncia, processo e robusto risarcimento. Anche 48mila euro. Ma, attenzione, se si insulta un ministro in carica dandogli pubblicamente del «pirla», il quantum del risarcimento improvvisamente crolla. Chi offende rischia molto meno, al massimo poche migliaia di euro. Insomma «pirla» è ritenuta una mezza offesa, un dileggio infinitamente meno grave. Quasi uno sberleffo. Questo almeno per i giudici che spiegano come «pirla» abbia una «connotazione spiccatamente dialettale che delimita comunque leffettiva percezione del significato dellespressione da una parte della popolazione».
La storia assume aspetti kafkiani anche perché riguarda proprio il ministro incaricato di gestire la giustizia, ovvero il Guardasigilli Roberto Castelli che dopo essersi preso del «pirla» si è visto liquidare dai giudici di Milano un risarcimento di appena 3mila euro.
A pagare sarà Franca Rame. Nel settembre del 2002 davanti ai cancelli del carcere di Regina Coeli lattrice aveva rilasciato ai microfoni delle agenzie una dichiarazione al curaro. Eccola: «Quel pirla di Castelli si spaventa delle manifestazioni davanti alle carceri. Dovrebbe acculturarsi perché le manifestazioni in appoggio allo sciopero della fame dei detenuti avvengono in Italia da decenni e non sono state scoperte oggi». Al titolare della Giustizia linsulto non era andato giù. Così aveva dato mandato agli avvocati Claudio Novebaci e Anonello Martinez di far causa alla moglie di Dario Fo. La notizia scatenò il finimondo tra articoli ironici in prima pagina su Repubblica e un Tapiro consegnato da Valerio Staffelli di Striscia. Ora il processo si conclude con il magro risarcimento oltre a 2.600 euro per le spese legali. Nella motivazione il giudice ricorda che il termine «pirla» è unespressione dialettale e che la frase della Rame pur rilanciata dalle agenzie non venne ripresa da quotidiani e televisioni. Ma se sfogliamo qualche dizionario o il «Sinonimi e Contrari» della Treccani, troviamo che Raffaele Simone, linguista e lessicografo, indica anche «pirla» tra i cinquanta sinonimi della parola «stupido». Non solo. Si prenda la satira con «Cuore», lex supplemento de LUnità. Nel lontano 1996 costò dieci milioni di lire di risarcimento una vignetta nella rubrica intitolata «Sì, ho la faccia da pirla», nella quale era stata pubblicata la fotografia del testimonial di una campagna pubblicitaria di una marca di scarpe.
E comunque sorprende la forbice dei risarcimenti per diffamazione. Basta qualche esempio per stilare una sorta di tabellino. Si pensi ai 23mila euro di provvisionale e ai 25mila in sede civile che un magistrato ha ricevuto qualche mese fa dai suoi colleghi per un articolo in cui il giornalista lo apostrofava con aggettivi evidentemente indicibili di «incauto» e «sprovveduto». Antonio Di Pietro, invece, si è visto liquidare 25mila euro per un articolo da questo titolo ritenuto diffamatorio: «Tutti gli errori di Di Pietro».
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