Offesa alla lupa di Roma: coi tedeschi è sempre derby

Questi tedeschi vanno capiti: gli abbiamo portato via, nei favolosi anni Sessanta, le loro pupe biondissime e rotonde sulle nostre riviere, poi li abbiamo battuti nel mondiale di Spagna e addirittura siamo andati a fare marameo nel mondiale loro, nella notte di Berlino. Adesso Der Spiegel cerca la vendetta parrocchiale, sostiene che la Lupa romana, quella bronzea depositata nei Musei Capitolini, sia un falso, una taroccata all’italiana, non degna dell’Urbe e dell’Italia tutta. Aggiungono che la stessa Lupa avrebbe come minimo duemilaecinquecento anni, se fosse autentica, mentre, la datazione del V secolo viene smantellata dalle tesi e dagli studi dei nuovi storici. Insomma, la Lupa è molto più giovane, risalirebbe all’epoca medioevale, sarebbe opera di uno scultore spagnolo, comunque geniale e rispettoso dei testi e della leggenda, oltre che della narrazione storica.
Ma questo che significa? Che forse Roma ha perso il suo simbolo? Che Romolo e Remo sono due gemelli come le Kessler, Alice ed Ellen? Risalta, nella campagna di Der Spiegel già protagonista di eleganti carezze nei confronti del nostro Paese (qualcuno ricorda, comunque glielo ricordiamo noi, il piatto di spaghetti e la pistola fumante che illustravano la copertina del settimanale tedesco negli anni passati?), risalta, dunque, il desiderio infantile, e direi vigliacco, di insultare la nostra storia e la nostra cultura che ha uno spread superiore al loro, cribbio!
Su questo i conti tornano, senza ribaltoni politici, la Lupa è nostra, così come quell’Italia-Germania 4-3 in Messico, come le tre sberle di Madrid, nell’estate dell’82, come i due wurstel nella loro terra al mondiale del 2006. Queste sono cose di calcio, molto serie, molto vere, niente affatto fasulle, niente affatto taroccate. Su questo nemmeno Frau Merkel potrà sorridere, insieme con il suo collega francese, altra vittima delle nostre batoste pallonare.

La Lupa bronzea forse non è autentica al cento per cento, forse non risale al V secolo, ma di sicuro resta il simbolo di una storia, il simbolo di una città, l’immagine di un Paese e della sua cultura.
Noi ne siamo fieri e ai nostri vicini tedeschi lasciamo il wurstel, che sarebbe poi confezionato con la vulva della scrofa. Complimenti vivissimi.

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