OFFESE ELETTORALI

Il professor Romano Prodi si lamenta e, avendo un temperamento fragile, si aggrappa all’offesa come un naufrago alla ciambella. Vogliamo dargli qualche consiglio, che certamente non seguirà perché è un «loser», cioè quel tipo di perdente che perde persino quando vince, e lo abbiamo già visto.
Professore, se il presidente del Consiglio annuncia una politica per dare al 19 per cento di italiani che non possiedono una casa gli strumenti per acquistarne una, lei dovrebbe rispondere con altri programmi e non, come ha fatto ieri in un impeto che ha imbarazzato l'Italia, con cactus, stallieri, portieri, ricchi e poveri, pozzi avvelenati, tre scimmiette sul comò, capitan Cocoricò, Bibì e Bibò. La figura che fa ricorrendo ad un tale armamentario è misera prima che miserabile, denota stizza e un intestino probabilmente aggrovigliato. Fermenti lattici? Certamente, ma non bastano. Qui occorre una cura accelerata di buona educazione.
Vede, Professore, chi scrive è l’autore della prefazione al libro che raccoglie gli insulti della sinistra contro Silvio Berlusconi (insulti, non critiche). Le Monde, che è un giornale per nulla amico di Berlusconi, ne fece una lunga citazione in prima pagina per spiegare ai francesi che cos’è in Italia la questione dell’odio politico, perché è una questione gravissima che appartiene tutta alla sinistra visto che la parte opposta non insulta. E quando, per rispondere a quella antologia, cercarono di trovare gli insulti della parte opposta alla sua, sa che cosa trovarono? Niente. O meglio: scoprirono che proprio io in un articolo le avevo dato del «bavoso», cosa di cui mi sono rammaricato. Tuttavia per me quell’aggettivo non era un insulto ma diritto di cronaca perché resta legato al suo umido farfugliare quando venne a ripetere le sue menzogne in una audizione parlamentare dove si rifiutò di dire in grazia di quali complicità lei conosceva perfettamente l’indirizzo della prigione in cui Aldo Moro era nelle mani delle Brigate rosse.
Io ritengo che il suo onore sia macchiato per sempre e di avere non soltanto il diritto, ma il dovere di accendere i fari su questa sua macchia dal momento che lei chiede di diventare il primo ministro del mio Paese. Ricordo anche la sua esultanza in una intervista sul Corriere della Sera nelle ore in cui era in corso il colpo di Stato contro Gorbaciov e il suo orgoglio nell'annunciare di essere intimo amico del signor Kriutshiev, capo sia del Kgb che della cricca golpista (cosa che non mi meraviglia affatto). E lei ora pensa di far politica mettendo in scena le sciocchezze di ieri per replicare a un leader che annuncia una cosa serissima come l'accesso alla proprietà della casa a un quinto degli italiani che non l’hanno? Ma lei, già liquidatore di aziende di panettoni a prezzi stracciati, dovrebbe prima di tutto dire esattamente che cosa farà lei abbandonando quel linguaggio da fattucchiera, forse in memoria del suo passato spiritico, che usa pronunciando frasi come «riprendere in esame tutti i modelli di vita urbana, fare un serio discorso sullo sviluppo delle nostre città, bloccare o cercare di diminuire l'enorme differenza che si è accumulata tra ricchi e poveri».


Spieghi il candidato premier con parole sue che cosa accidente significa una tale vana serie di luoghi comuni e vere sciocchezze da scolaro che imbroglia. Il fatto è che il suo avversario ancora una volta l’ha messa nel sacco con la concretezza e lei risponde con comprensibile e stizzita invidia. Si calmi, Prodi: se ne accorgono tutti.
p.guzzanti@mclink.it

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