Oggi la Fed alla prova dei tassi Negli Usa crollo della fiducia

Il Wall Street Journal avverte: «Un taglio non è così scontato»

da Milano

Non è più così sicuro l’atteso taglio dei tassi da parte della Federal Reserve. A incrinare le certezze dei mercati è stato ieri un articolo di uno dei columnist di punta del Wall Street Journal, Greg Ip. Da sempre considerato molto vicino ai membri più influenti della banca centrale Usa, al punto da averne talvolta anticipato in passato le mosse, Ip considera «non affatto scontata» la manovra di alleggerimento del costo del denaro. Per un duplice motivo: l’istituto guidato da Ben Bernanke, chiamato stasera a emettere un “verdetto” sugli indirizzi della politica monetaria, «non ha significativamente alterato le sue previsioni di ritorno a una moderata crescita il prossimo anno; inoltre, non c’è evidenza che la crisi del comparto immobiliare abbia contagiato l’intero sistema economico».
Ip considera dunque del tutto irrealistica l’ipotesi di un ulteriore intervento aggressivo, da mezzo punto percentuale, così come deciso dalla Fed il 18 settembre scorso per contrastare il virus dei subprime e riportare la fiducia nelle Borse. Ma anche una sforbiciata più leggera, da 25 punti base, è «una decisione più incerta» di quanto pensino i mercati. Bernanke, secondo l’interpretazione del WSJ, potrebbe scegliere di non muovere le leve dei tassi per evitare che «si inneschi una corsa al rialzo dei prezzi». Le mai sopite inquietudini dell’ex professore di Princeton nei confronti delle spinte inflazionistiche rischiano infatti ora di aumentare a causa dell’elevato livello raggiunto dalle quotazioni petrolifere, schizzate lunedì scorso al massimo storico di 93,80 dollari. E condizionare quindi anche le scelte strategiche.
Bernanke, tuttavia, dovrà anche tenere conto dell’umore delle famiglie americane, decisamente orientato sul versante del pessimismo. La fiducia dei consumatori è scesa in ottobre al più basso livello degli ultimi due anni, un segnale potenzialmente dannoso per i consumi privati, il pilastro dell’economia Usa. Il presidente della Fed ha spiegato nelle scorse settimane che «è troppo presto per giudicare in che misura la spesa di famiglie e imprese sarà colpita dalla debolezza dell’immobiliare», ma ora il quadro potrebbe essere cambiato. Anche perché il mercato del mattone continua a mostrare segni di sofferenza: secondo un indice elaborato da S&P, i prezzi delle case esistenti hanno accusato in agosto il calo più forte dal 1991, mentre il segretario al Tesoro, Henry Paulson, ha detto ieri che il settore immobiliare «non ha ancora toccato il fondo».
La Fed potrebbe così ridurre stasera il costo del denaro dello 0,25% (così come indicato ieri dai future sui Fed Fund che esprimevano il 94% di tale possibilità), accompagnando la decisione con l’avviso che ulteriori tagli non sono previsti.

In alternativa, una scelta opposta alla prima: tassi fermi, ma “apertura“ per un calo futuro. Quest’ultima soluzione resta comunque più rischiosa, dal momento che - ammette Ip - «le conseguenze di una delusione nei confronti di un mancato taglio sarebbero più dannose del solito».

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