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Oggi il Regno va alle urne. E domani sarà meno Unito

Non si sceglierà solo un nuovo Parlamento e il prossimo governo: in ballo c'è l'assetto del sistema. Le strambe regole del voto: cani e ubriachi ai seggi

Oggi il Regno va alle urne. E domani sarà meno Unito

No ai selfie all'interno del seggio, sì alle foto fuori se volete evidenziare la vostra partecipazione. Vietato twittare, ma potete ovviamente proclamare urbi et orbi per chi avete votato una volta fuori. Sì ai cani, purché non disturbino le procedure di voto: se sono due possono essere tenuti al guinzaglio dagli scrutatori. Sì anche ai cappucci e ai burqa. Se c'è qualche dubbio sull'identità dell'elettore, il presidente di seggio può verificare le generalità con qualche domanda ma non può impedire il voto. Un diritto che si può esercitare anche da ubriachi e sotto l'effetto di droghe, purché non si abbia un comportamento «dirompente», caso in cui sarà chiesto all'elettore di ritornare quando è sobrio. Infine se si è sbagliato a votare si può riprovare, basta riferire agli scrutatori cosa è accaduto e sempre che la scheda non sia già stata inserita nell'urna. Ecco il vademecum diffuso dalla Commissione elettorale britannica, con le regole da far rispettare per i circa 45 milioni di inglesi chiamati alle urne.

L'ora X è arrivata: il Regno Unito oggi va al voto per eleggere il nuovo Parlamento di Westminster e decidere chi dovrà sedere a Downing Street nei prossimi cinque anni. I seggi elettorali sono 32mila: scuole, biblioteche, palestre e persino chiese, ben 6mila, circa un quinto del totale. Le urne saranno aperte dalle 7 (le 8 in Italia) fino alle 22 (le 23 da noi), poi comincerà la conta, compresa quella dei voti arrivati per posta, e subito partiranno gli exit poll . Per la maggioranza assoluta saranno necessari 326 seggi, la metà più uno. Salvo le nuove regole su Twitter e selfie aggiornate nell'epoca degli smartphone e dei social network , tutto come da tradizione. Eppure d'ora in poi nel Regno Unito molto ci sarà di rivoluzionario più che di tradizionale. L'epoca delle maggioranze assolute sembra chiusa, almeno per ora, almeno finché sulla scena non si riproporranno leader del carisma di Tony Blair o Margaret Thatcher. L'esito incerto di cinque anni fa, quando i Conservatori non ottennero la maggioranza assoluta e furono costretti a governare in coalizione con i liberaldemocratici, non sembra più una casualità, un incidente di percorso, ma una nuova tendenza. Gli inglesi dovranno abituarsi a una novità non da poco: i programmi politici non sono più dogmi come in passato. Governare in tandem o con maggioranze risicate significa poter essere costretti ad annacquare le proprie politiche, per piegarsi al compromesso. Lo sanno bene i LibDem che per restare al governo con i Conservatori hanno dovuto inghiottire almeno tre rospi: l'aumento delle tasse universitarie (che nel 2010 portò agli scontri di piazza a Londra), l'impopolare riforma dell'Nhs e il referendum che nel 2017, se i Tory saranno ancora al potere, darà ai cittadini la scelta se restare o lasciare l'Unione europea (i LibDem sono convinti europeisti). I Tory hanno dovuto cedere sul referendum per il voto proporzionale, che i LibDem vollerò a tutti i costi cinque anni fa e che venne bocciato nel maggio 2011. Sul punto i Conservatori potrebbero avere qualche rimpianto. Perché - spiega l'analista politico Chris Hanretty - se il referendum fosse passato e oggi si votasse col proporzionale, i Tory avrebbero almeno trenta seggi più dei laburisti.

Ed eccoci alla legge elettorale. Considerata la frammentazione del voto, che potrebbe regalare oltre il 10% dei consensi all'Ukip di Nigel Farage e anche ai LibDem guidati da Nick Clegg, il sistema uninominale secco - il first past the post - sembra essere sempre meno rappresentativo e democratico in un Paese che sta mettendosi alle spalle quel bipolarismo che era un marchio di fabbrica della politica made in Britain . Non c'è solo l' Economist a interrogarsi se serva una nuova legge elettorale: un sondaggio Orb rileva che il 61% degli inglesi vuole una riforma che dia più rappresentanza alle forze medie e minori.

Ma la grande novità potrebbe essere l'approdo al governo dei nazionalisti scozzesi. Una disfatta per i laburisti, che in Scozia hanno avuto per oltre cinquant'anni la propria roccaforte. Se l'Snp di Nicola Sturgeon governerà con Ed Miliband, crescerà in molti inglesi, specie fra l'elettorato conservatore, il senso di frustrazione e rivalsa nei confronti degli scozzesi, che pur avendo un proprio governo a Edimburgo ora potrebbero decidere le sorti dell'esecutivo di Londra. Se invece resteranno fuori, crescerebbe tra gli scozzesi la voglia di indipendenza mai sopita. Comunque vada, il Regno volta pagina.

Twitter: @gaiacesare

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