Oggi il ricorso della lista di Sgarbi contro il no al rinvio

È slittata a oggi la presentazione, al Tar del Lazio, del ricorso della lista «Rete Liberal» di Vittorio Sgarbi contro il «no» della Regione Lazio al rinvio di quindici giorni delle regionali dopo la riammissione alla competizione della stessa lista da parte del Tar mercoledì scorso. Causa del rinvio, un ritardo nella materiale ricezione dell’atto con il quale la Pisana ha respinto la richiesta formale della lista. «Mi preme sottolineare - spiega il legale della Rete, avvocato Pietro Barone - come siamo riusciti ad ottenere solo alle 12,14 il provvedimento di diniego relativo al richiesto rinvio delle elezioni regionali. Già da questa mattina (ieri, ndr) alle 9,30, i rappresentanti della lista si erano recati all’Ufficio di presidenza, ma hanno atteso a lungo per potere parlare con il responsabile dell’ufficio legale; il quale, dopo averli ricevuti, non ha dato la propria disponibilità a consegnate personalmente l’atto richiesto. La Regione ha inteso comunicare a mezzo fax il provvedimento, dopo oltre due ore di attesa, con l’ulteriore e prima conseguenza che non è stato sarà possibile presentare il ricorso al Tar». Il portavoce del partito, Roberto Amiconi ha confermato anche la volontà di «chiedere un risarcimento di 20 milioni di euro» per la riduzione della campagna elettorale.
E ieri nuovo ricorso del consigliere regionale del Pdl Fabio Desideri al Consiglio di Stato per chiedere la revoca «dell’ordinanza di sabato scorso e l’ammissione con riserva della lista del Popolo della libertà alle elezioni del 28 e 29 marzo». «Anche il Consiglio di Stato - spiega Desideri - ha confermato il fatto che almeno uno dei delegati era presente all’ufficio elettorale prima delle ore 12, termine di presentazione della lista, affermando, però, che non c’è prova della completezza della documentazione.

La prova esiste, è agli atti, e chiedo semplicemente che venga considerata». «Personalmente - conclude Desideri - non mi fermerò fino a quando non sarà fatta giustizia, perché credo nelle mie ragioni. E ricorrerò, se necessario, anche presso la Corte europea dei diritti dell’uomo».

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