Oscar Eleni
Nel sole incerto di maggio hanno provato a fare dei 70 anni dellOlimpia Milano, la società di basket italiana con più scudetti, coppe europee, una festa privata nella sala Montanelli di via Solferino. Peccato usare un grande nome per una operazione di mercato, libro fotografico, maglietta celebrativa, ma questo sembra il destino delle società che devono comunque avere una sponsorizzazione per sopravvivere, perché gli incassi non bastano.
Olimpia allorigine quando divenne una cosa grande con Adolfo Bogoncelli; Borletti, Simmenthal, lo sponsor che ad un certo punto si è tirato indietro perché molti, sentendo quel nome ricordavano quasi più la squadra sportiva della scatoletta, poi altri compagni di viaggio, Simac, Tracer, Billy, Philips, Stefanel, lultimo scudetto, vincenti e meno fortunati, fino allArmani di oggi, quella che si sta risollevando con Djordjevic e, visti i guai di Virtus (fuori Bluthenthal per tutta la stagione) e Snaidero(infortunio di Allen) pronta alla scalata fino al quarto posto da conquistare domenica a Varese, lArmani che domani sera, prima della partita contro Reggio Emilia al Forum, premierà i prescelti da un popolo giovane che non poteva avere memoria, ma che in bella sostanza ha votato i migliori, anche se queste cose nascondono sempre un po dingiustizia. Il primo a rendersene conto è stato Dan Peterson, lallenatore più votato, perché lui sa di aver fatto cose grandi, ma anche Cesare Rubini, oggi presidente onorario, 15 scudetti, capo di una dinastia che resterà per sempre, arrivato nelle votazioni dietro altri, ha scritto davvero la storia.
Proprio il nano ghiacciato, mentre si emozionava ascoltando le parole di Arturo Kenney, il grande rosso che non manca mai alle celebrazioni di quella che è stata la sua vera famiglia sportiva, ha allargato le scelte perché se il regista prescelto è giustamente DAntoni non si può dire che Gianfranco Pieri abbia fatto meno storia di lui. Sulla guardia scelta viva Premier, ma Riminucci ha rappresentato il mito e Brumatti è stata lincarnazione dello spirito stesso delle scarpette rosse. Per lala piccola hanno scelto Pittis, ma lui che ha studiato da piccolo in questa società sa che Sergio Stefanini ha rappresentato il vertice di una scuola e il mancino Nane Vianello ha fatto cose indimenticabili. Sullala forte nessun dubbio che sia Bob McAdoo il prescelto, uno che, se nella notte non fosse stato in panchina a Miami, come assistente di Riley, sarebbe sicuramente venuto a ritirare il premio, ma in sua assenza lo daremmo più a Bariviera che a John Gianelli.
Per il pivot Dino Meneghin con molte lunghezze, sapendo che Joe Barry Carroll, che ha cantato soltanto nellestate milanese per sparire nella Nba, ha rappresentato larte, ma il cuore dice che Art Kenney ha rappresentato qualcosa di speciale. Sesto uomo prescelto dai votanti Franco Borselli, gloria al barone, ma Peterson gli affianca, giustamente, Gallinari in questa società che deve tanto a ciascuno dei suoi capitani, da Castelli a Pittis, passando per Paganella, Pagani, Gamba, Massimo Masini, penalizzato dalla poca memoria generale, Ferracini e DAntoni. Poi ci sarebbe il gruppo Trieste, quello di Tanjevic che ha lasciato un marchio, perché Fucka, Bodiroga, Gentile sono stati storia come lo è stato, sicuramente, entrando nei fuori categoria speciali, il senatore Bill Bradley, meraviglia da vedere e studiare anche per pochi mesi e poche partite soltanto che guidò il Simmenthal, nel 1966, al primo successo italiano in coppa dei Campioni.
Chi ha organizzato dirà che è meglio fare qualcosa, impegnarsi per la salvezza del club come è stato fatto, che stare a criticare e questo dobbiamo riconoscerlo.
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