I rinforzi italiani, la guerra contro i talebani, il “surge” americano, le cruciali elezioni presidenziali sono il pane quotidiano del generale Marco Bertolini. Da gennaio è il nuovo capo di stato maggiore della Nato in Afghanistan, che controlla 52mila uomini. Nel “fortino” di Kabul, il quartier generale della missione (Isaf), il suo staff è composto dalla struttura del comando dell’Alleanza atlantica di Solbiate Olona (gli italiani sono circa 240). «È una grande responsabilità – spiega a Il Giornale l’ufficiale dei paracadutisti –. Il periodo assegnato al nostro comando coincide con la preparazione delle prossime elezioni presidenziali che rappresenteranno un momento molto importante e delicatissimo nella storia di questo paese».
Quanti rinforzi italiani arriveranno nei prossimi mesi?
«L’Italia impiega, attualmente, circa 2300 uomini in Afghanistan, per lo più concentrati nella Regione Ovest. Ad aprile arriveranno (a dare il cambio alla brigata Julia nda) i paracadutisti della Folgore, comandati dal generale Rosario Castellano (veterano dell’ostica Operazione Nibbio nel sud est dell’Afghanistan nel 2003). È stato annunciato (dal ministro della Difesa Ignazio La Russa nda) un ulteriore incremento fino a 2800 uomini ai quali si aggiungeranno, nel periodo delle elezioni presidenziali (20 agosto o forse prima nda), ulteriori unità di rinforzo».
Il “surge” americano annunciato dal presidente Barack Obama, di 17mila uomini, può bastare a vincere la sfida afghana o ci vuole altro?
«Il prossimo e importante incremento di forze statunitensi contribuirà certamente alla sicurezza nel paese. Fino ad ora la scarsa disponibilità di forze non consentiva di mantenere un’adeguata presenza su tutto il territorio, vanificando a volte gli sforzi per strapparlo agli insorti. Senza una continua presenza di Isaf (la missione Nato in Afghanistan) gli insorti hanno spesso buon gioco a tornare, minacciando la popolazione che collabora con noi. Una volta garantita la sicurezza mediante uno sforzo militare calibrato e risolutivo, bisogna procedere nei settori della governabilità e della ricostruzione, per rinforzare l’autorevolezza del governo nazionale, sia nei confronti dell’opinione pubblica interna che dei paesi confinanti».
Per le cruciali elezioni presidenziali, che vedono ricandidato il capo di Stato uscente Hamid Karzai, ci sono particolari allarmi?
«Le operazioni di registrazione dei votanti, che ha visto affluire molte donne, si sono svolte senza troppi problemi anche nelle aree più delicate. Solo in pochissimi distretti non è stato possibile aprire i centri di registrazione per motivi di sicurezza. Per il voto vero e proprio esistono ovviamente delle preoccupazioni generiche, ma per ora non è chiaro neppure quello che sarà l’elenco dei candidati». Registrate ancora l’arrivo di armi dall’Iran destinate ai talebani?
«Le rispondo con tre fatti. Primo: dopo l’oppio (o forse ancor prima) se c’è una “risorsa” che non scarseggia in Afghanistan, fin dai tempi della guerra contro i sovietici, sono le armi (che si contano nell’ordine delle centinaia di migliaia, leggere e pesanti) e le munizioni (in enormi quantità e di tutti i calibri). Secondo: i confini dell’Afghanistan sono “porosi”, a 360 gradi, nei confronti di tutti i paesi confinanti, soprattutto a est (frontiera con l’area tribale pachistana “retrovia” dei talebani e di Al Qaida, nda). Terzo: la gravitazione delle forze di Isaf e di Enduring Freedom (a guida americana, nda) viene esercitata a Sud e ad Est, lungo il confine con il Pakistan, dove più forte è la minaccia».
È vero che i talebani sono presenti sul 74% del territorio e che la situazione peggiora?
«Nonostante false percezioni da parte di alcune opinioni pubbliche occidentali, la situazione in Afghanistan è sostanzialmente sotto controllo. L’incrementata ricorrenza di scontri con perdite da entrambe le parti (e purtroppo anche di civili) è semplicemente da addebitare ad una maggiore presenza e reattività delle forze di Isaf. Ora in azione anche in aree un tempo fuori controllo, nelle quali gli insorti avevano completa libertà di movimento, ma adesso non più».
Quanto tempo ci vorrà per vincere in Afghanistan?
«Chi deve vincere sono gli stessi afghani, ai quali Isaf sta fornendo un supporto importante ma assolutamente insufficiente se venisse meno la loro volontà di pacificare finalmente questo martoriato paese.
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