Omar Sharif rinnega la sua vita: «Mi pento per i miei film occidentali»

L’abiura dell’interprete del «Dottor Zivago» legata forse alle minacce di Al Qaida

Omar Sharif rinnega la sua vita: «Mi pento per i miei film occidentali»

da Roma

Via le donne, via il casinò, via le bevute colossali e adesso, via anche i film occidentali. Un po’ per l’età avanzata, molto perché Al Qaida gli ha giurato morte online, dopo aver incarnato San Pietro per la tivù italiana un paio d’anni fa, rilasciando pure dichiarazioni misticheggianti («Impersonando il ruolo di Pietro, udivo delle voci: sarà difficile, per me, dopo, interpretare altre parti», disse sul set della produzione Lux) Omar Sharif, la celebrità egiziana classe 1932, d’origine sirio-libanese, fa marcia indietro. E rinnega i film girati in Occidente e interpretati con esotica classe e prestanza fisica, nei tanti anni di carriera, lungo i quali è stato avventuriero fascinoso (Lawrence d’Arabia) e medico romantico (Il dottor Zivago), arciduca asburgico (Mayerling) e condottiero asiatico (Gengis Khan), sotto la direzione di registi come William Wyler, Sidney Lumet, Fred Zinneman, David Lean, la crema, insomma, della cinematografia a Ovest dell’Islam. «Sono fiero di ben pochi dei film occidentali, girati finora, mentre ancora amo i venticinque film egiziani, dei quali fui protagonista», ha affermato il divo ad Alessandria d’Egitto (come riporta il sito Al-Arabiya), nella conferenza stampa d’inizio riprese del suo nuovo film Al-Musafar, Il viaggiatore.
Ma un’abiura particolare, Sharif l’ha riservata a Che!, il film su Che Guevara che, nel 1968, a un anno dalla morte del rivoluzionario argentino, lo vide indossare la divisa del comandante. «Ho scoperto troppo tardi il complotto ordito dalla Cia, per ledere l’immagine del fiero militante comunista sudamericano: sono stato ingannato. Ed è stato grave aver accettato il ruolo, ad appena un anno dalla scomparsa del «Che», ha puntualizzato il focoso divo, già nel mirino, in tempi meno conflittuali, per aver baciato, lui arabo, una donna ebrea. Correva il 1968, dunque si era in piena Guerra dei Sei giorni, quando Michael Shalhoub (vero nome di Sharif) flirtava con la collega Barbra Streisand, sua partner sullo schermo (in Funny Girl) e fuori. Tant’è che il film fu bandito in Egitto e tuttora lo è.

Pensare che le pacifiste anime belle erano andate in sollucchero, nel 2003, all’apparire di Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano (film di François Dupeyrau), dove il neo mullah Omar faceva il mercante arabo, che stringe amicizia con un ragazzino ebreo, in nome dell’amore universale. La commedia fruttò a Sharif un premio alla carriera e il premio del pubblico, alla Mostra di Venezia. Ma pure un posto sulla lista nera di Al Qaida.

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