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Omicidio di Latina: in un blog il segreto

Igor aveva 19 anni ed era sparito di casa sabato. Dopo essere stato accoltellato, è stato bruciato in campagna. Misteriosi messaggi lasciati sul web: "Loro devono agonizzare, tu riposare"

Omicidio di Latina:  
in un blog il segreto

Due frasi. Due frasi comparse sul blog di Chiara, una che gli voleva bene e sapeva meglio di altri che cosa angosciava quel ragazzo di 19 anni al quale era legata da un'amicizia tenera, sincera, appassionata, come sono le amicizie a quell'età. La prima, quando lui era scomparso senza lasciare traccia, e anche il telefonino non dava segni di vita, diceva: «Facci sapere almeno come stai». L'altra, quella su cui polizia e carabinieri stanno scavando, sentendo e risentendo Chiara, diceva: «Mi vengono in mente le tue frasi e i presentimenti degli ultimi giorni insieme… ».
Che frasi, Chiara? Che presentimenti? Che cosa turbava Igor Franchini? Che cosa ha fatto questo ragazzo di 19 anni dal momento in cui è scomparso, il 24 gennaio scorso? E cosa può avergli meritato questa morte orribile: le coltellate prima e poi le fiamme, fino a fare di questo giovanotto che sognava di diventare un bravo ballerino, come quelli che si vedono alla tele,un tizzone nero,quasi irriconoscibile?
Una radura in fondo a uno stradello di campagna: via Fossa degli Ulivi, a Santa Croce di Scauri, in provincia di Latina. Un grumo di sterpi bruciati, una coperta che nasconde malamente il cadavere carbonizzato di un uomo. Bruciato come bruciata era la sua auto, una Mini Cooper trovata giovedì in località Vaglio, non lontano dal luogo in cui poi sarebbe stato trovato il giorno dopo lui, protagonista e vittima di questa brutta storia.
Il giallo di Igor Franchini, una passione per la breakdance e l'hip hop, si nutre di una piccola manciata di indizi. Troppo pochi per abbozzare un quadro di riferimento o per escluderne altri. Una vendetta? Un delitto a suo modo passionale? Una storia atroce maturata nel mondo della droga? Gli inquirenti dicono quello che dicono sempre in questi casi, quando non sanno da che parte girarsi. Indaghiamo in tutte le direzioni. Oppure: non escludiamo alcuna ipotesi sul movente del delitto. Intanto frugano, cercano, comparano. Analizzano i tabulati relativi al telefonino per risalire alle ultime chiamate. Si scandagliano i miseri resti del corpo di Igor, affidati a un perito settore, in attesa che quelli della Scientifica, o del Ris dei carabinieri aggiungano magari una tessera a questo puzzle da perderci la testa.
Era di Napoli, Igor, ma da alcuni anni si era trasferito con la madre Margherita a Scauri, dove lavorava come istruttore in una scuola di danza, l'Eskhara Ballet. Un bravo ragazzo, dicono. Uno di questi ragazzi moderni, con la testa piena di sogni a colori pensati dai grandi che li spacciano sul far della sera in Tv facendo credere a migliaia di sventati e di sventate - son tutti amici - che diventare cantanti, attori, ballerini, «artisti», appunto, è possibile. Mentre ci sarebbe un disperato bisogno di barbieri, falegnami, infermiere, idraulici.
Chiara forse è l'unica che sa come stanno le cose. O che forse conosce solo l'inizio del bandolo di questo mistero. Che frasi aveva pronunciato, Igor, prima di sparire? Che «presentimenti» aveva? Che cosa sta raccontando in queste ore, Chiara, ai carabinieri? Che sanno, di Igor, gli altri ragazzi e ragazze che ieri si sono dati appuntamento sul blog di Chiara? E questo messaggio scritto verosimilmente da lei, l'amica del cuore: «Loro devono agonizzare; tu riposare, Igor», come deve essere interpretato? Chi sono «loro»?
C'entra, e se sì, in che modo, quella vecchia storia che un tempo legò un camorrista, uno dei «casalesi», alla madre di Igor? Si chiamava Armando Schiavone. Era cugino di Francesco Schiavone, quello che chiamano «Sandokan». Un giorno del 2001 Armando venne fermato a bordo di un'automobile intestata a Margherita, la madre di Igor. Aveva una pistola con la matricola cancellata, Armando Schiavone, una pistola da killer. Ma è una storia che con la morte di Igor non c'entra, se non per definire, dicono alla squadra mobile di Latina, alcuni contorni relativi a un passato non recente della famiglia Franchini. Un conoscente camorrista; uno che va in giro con una pistola da sicario a cui si presta l'auto. Una storia vecchia, dicono quelli che conoscono Margherita Franchini. Una storia vecchia, garantisce perfino don Simone Di Vito, parroco della chiesa di Scauri che Igor aveva frequentato assiduamente in un recente passato. Dunque si aspetta.

Chissà che dopo aver messo insieme un po’ di tasselli non si riesca a capire almeno che sono «loro», quelli che secondo Chiara devono «agonizzare».
(ha collaborato Teresa Faticoni)

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