Uno mostra il volto della paura, l’altro quello del pentito. Uno si è sempre proclamato innocente, l’altro chiedeva perdono. Un anno e quattro mesi dopo ecco la Giustizia emanare la prima sentenza per Tommy, il bimbo di 17 mesi rapito e ucciso in una gelida, vaporosa, notte della periferia di Parma. Assolto Pasquale Giuseppe Barbera, il capomastro, tremebondo, amico del padre della vittima, accusato di essere complice della banda (per lui erano stati chiesti 13 anni); condannato a vent’anni Salvatore Raimondi, l’ex pugile reo confesso che con il muratore Mario Alessi la notte del 2 marzo dello scorso anno portò via il bimbo.
Accolte per metà, dunque, le richieste dell’accusa, formulate dalla pm della Dda di Bologna Lucia Musti e dal suo collega Silverio Piro. Per Barbera avevano chiesto tredici anni di carcere, trenta per Raimondi, ma il rito abbreviato prevede un terzo di sconto della pena.
In aula a Bologna anche il papà della vittima, direttore del più grosso uffico postale di Parma. Lui chissà perché quasi si giustifica, racconta di essere passato nel capoluogo per motivi di lavoro, «poi non ho resistito e sono entrato in tribunale. Ora vedremo di andare avanti». Ieri, in effetti, si è consumato soltanto il primo atto del saldo con la giustizia: il 21 settembre a Parma saranno giudicati con rito ordinario Mario Alessi, il muratore siciliano accusato di aver rapito insieme con Raimondi e materialmente ucciso sul greto del fiume Enza il piccolo Tommaso e la sua compagna, Antonella Conserva. La terza pedina di quel tragico, sgangherato, sequestro.
Hanno deciso di andare a dibattimento, rinunciando così allo sconto di pena dell’abbreviato. Scelta che il procuratore aggiunto Silverio Piro definisce «un suicidio».
Su Pasquale Barbera, il capomastro di 33 anni, tanto amico degli Onofri al punto che, raccontò, «ci si scambiava i vestitini del bambini», pende però il rischio del ricorso da parte dell’accusa. «Attendiamo di leggere le motivazioni - spiega la pm Musti - poi valuteremo». Lui, assolto, è uscito in lacrime dalla Procura. «È la fine di un incubo». Era sospettato di aver fatto da «basista», di aver portato via qualche giorno prima dell’«azione» il cagnolino di guardia alla cascina di Casalbaroncolo. Ma contro questo capomastro c’era troppo poco: solo la parola di Alessi, l’uomo senza onore che prima dell’arresto giurava la propria innocenza. «Tommy tornerà presto a casa, me lo sento, e faremo una grande festa. Chi lo ha portato via è un bestia», ripeteva coram populo.
Barbera, poi non aveva un alibi. Anzi quello che aveva fornito fu ben presto smontato. Oggi il suo nuovo avvocato, Alessandro Conti, spiega: «È vero, ma paradossalmente è stata una fortuna. Perché Alessi dice che non partecipò al rapimento perchè voleva avere un alibi».
«Adesso abbiamo novanta giorni per le motivazioni poi andremo in appello» promette
invece l’avvocato Cavalli, difensore dell’ex pugile. «Sono convinto che ci darà ragione, non chiediamo la luna. Chiediamo il riconoscimento delle attenuanti per la collaborazione del nostro assistito che sono doverose».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.