Operazione Dragomira, Bondi spazza via il fango

Replica alla campagna di Repubblica e del Fatto, che accusano il ministro di aver favorito a Venezia il film di una regista bulgara amica del premier: "Nessuna spesa del mio ministero per il premio". E lei conferma: "Fiumi di menzogne, ho pagato perfino la trasferta"

Operazione Dragomira, Bondi spazza via il fango

Roma - Per Il Fatto Quotidiano, che ha iniziato a costruirci sopra una campagna mediatica da mercoledì scorso, si chiama «operazione Dragomira», neanche si trattasse di inchiodare James Bond. Nei fatti si tratta del nuovo tentativo di attribuire qualche affaire di femmine e affini a un membro del governo, in questo caso il ministro della Cultura Sandro Bondi. In soldoni ecco l’accusa: aver creato un premio speciale per l’attrice-regista bulgara Michelle (vero nome di battesimo Dragomira) Bonev e per il suo film Goodbye Mama. Il movente? L’avvenente signorina è molto amica del primo ministro bulgaro e ben voluta anche dal premier italiano. Le aggravanti (inevitabili per cercare di colpire il governo sotto la cintura)? Per invitare la troupe e la rappresentanza politica di Sofia (in totale 32 persone) si sarebbero spesi un sacco di soldi. Ovviamente al Fatto sulla cifra hanno iniziato subito a ricamare, e tanto per non farsi mancare niente si sono lanciati sulle dichiarazioni del governo bulgaro, rilasciate dal ministro Vezhdi Rashidov, nelle quali Sofia si è limitata a precisare che non hanno erogato fondi per far approdare al Lido la propria delegazione, ma che nemmeno hanno idea di come la controparte italiana si sia regolata per l’invito («non chiediamo lo scontrino a chi ci invita a cena»). E tanto è bastato a Travaglio e compagni, seguiti a ruota da Repubblica, per dire con sublime eleganza «anche i bulgari si incazzano» o per parlare di Sandro Bondi come di già dimissionario.

Il ministro si è invece limitato a far presente con la solita calma e il solito garbo che «nessun costo, diretto o indiretto, lo ribadisco, è stato sostenuto dal ministero per l’organizzazione di questo premio speciale». «Sono costretto ancora una volta - ha detto un Bondi, comprensibilmente amareggiato - di fronte agli articoli de Il Fatto e di Repubblica, a precisare quanto segue: la presentazione alla Mostra internazionale del cinema di Venezia del film di coproduzione italo-bulgara Goodbye Mama nel contesto del premio “Action for Women”, alla presenza del ministro della cultura della Bulgaria, è stata patrocinata dal ministero per i Beni e le Attività Culturali come avviene per molte altre analoghe iniziative di promozione cinematografica».

E a spiegare come si sia svolta la vicenda è intervenuta anche Michelle Bonev: «Intendo rendere onore alla verità in questo fiume di menzogne mediatiche. Il viaggio e il soggiorno della delegazione bulgara durante la 67ª mostra d’arte cinematografica di Venezia sono stati pagati dalla mia società, Romantica Entertainment srl, con sede in Roma allo scopo di consentire alla cultura bulgara di mostrarsi al Festival di Venezia dopo 20 anni di assenza». A lei non risulta che il ministero dei Beni Culturali italiano avrebbe pagato 400mila euro per la trasferta a Venezia in occasione del festival e nemmeno che le abbiano pagate i bulgari. Ecco perché secondo lei «le dichiarazioni del ministro bulgaro della cultura On. Vezhdi Rashidov sono quindi conformi al vero. È stata infatti una società italiana, la società Romantica Entertainment srl, a sostenere tutte le spese della manifestazione. Io stessa, dopo aver ricevuto, come produttore, l’invito a ritirare un premio per il film da me scritto, diretto e prodotto, ho ritenuto di condividere tale premio con il mio Paese, la Bulgaria, e ho sostenuto direttamente tutte le spese relative alla partecipazione bulgara all’evento. Questa è la realtà dei fatti e sono naturalmente in grado di documentare quanto da me dichiarato».

Insomma un film con al centro una figura femminile, che viene premiato, una società che promuove un prodotto cinematografico di un Paese emergente, nessun costo per il ministero.

C’è da scommettere che se tutto questo fosse capitato sotto un governo di centrosinistra sarebbe uno splendido esempio di promozione di valori e di cultura. Ma in questo caso è scattato il “dàgli al ministro”, e non basteranno parole o testimonianze a fermarlo.

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