Milano - «I politici di oggi? Appena eletti si preoccupano subito di capire quali sono i loro nuovi privilegi, e noi siamo tra questi». A dirlo è Andrea Vignotto, fondatore del Siar - sindacato italiano autisti di rappresentanza - che conta circa duemila autisti di auto blu. Professionisti del volante che devono conoscere il cerimoniale ma anche saper mettere le mani in un motore o cambiare una ruota a tempo di pit stop.
La convivenza in auto non è certo facile, c’è chi vuole la musica classica e chi non ama la radio, chi desidera l’aria condizionata e chi il finestrino aperto, chi odia la velocità e chi ha sempre fretta. «Questi ultimi sono la maggior parte, ma noi di patente ne abbiamo una sola - continua Vignotto - non abbiamo anche quella di servizio come i conducenti di autobus. Se ce la tolgono siamo fregati. Va detto: i politici ci chiedono di violare in modo sistematico il codice della strada per esigenze di servizio. I cinquanta orari spesso diventano un’utopia quando si ha un’agenda colma di impegni istituzionali. Inoltre a Roma entrare in via del Corso o piazza Colonna è una routine ma sono zone ufficialmente interdette al traffico.
Un passeggero speciale? Anna Finocchiaro, abbiamo fatto 400 chilometri assieme. Ogni volta che accendeva una sigaretta - ricorda Vignotto - me ne offriva una e voleva che la fumassi con lei». Pietro Lunardi quando era ministro dei Trasporti aveva fatto una convenzione con un ristorante vicino al dicastero dove gli autisti erano sempre suoi ospiti. La leggenda narra che Lunardi alla guida della sua auto personale seminò l’auto blu e la scorta sulle curve della Cisa, lo stesso Lunardi che voleva alzare i limiti in autostrada a 160 orari.
Chi è abituato a trasportare politici fa della discrezione una missione e parla poco con i giornalisti, ma «degli anni passati alla Regione Campania accanto al presidente Bruno Casamassa non posso proprio non parlare», racconta Ernesto Gentilcore autista della Regione Campania. «Non gli bastava un’auto blu, ne voleva due, ma noi eravamo solo tre autisti a fare i turni. Risultato? Non so più quante notti ho dormito in auto sotto casa sua. Io non mi tiro indietro neppure adesso, farò almeno 70mila chilometri annui. Mille solo oggi. Il mio politico era al mare in vacanza, sono andato a prenderlo partendo da Napoli, poi l’Alfa Romeo 159 lo ha portato in lungo e in largo per tutta la Campania e stasera lo riporto al mare. Si chiama Franco D’Ercole ed è capogruppo di An in Regione. Dove va lui vado io, anche al ristorante gli siedo accanto».
Gentilcore è fortunato. Oggi i tempi sono cambiati, non si usa più, gli autisti si lasciano fuori dai ristoranti più chic con il loro buono pasto da 7 euro che a volte deve bastare per pranzo e cena. «Quello che proprio non sopporto - racconta Daniele Pagan, autista della Provincia di Venezia - è quando gli assessori ti chiedono di accompagnarli a ritirare la loro auto dal meccanico. Le mogli che usano l’auto blu? Quella del presidente Davide Zoggia non l’ho mai vista. Non è più come una volta, oggi è vietatissimo». I politici lo sanno, ci si può bruciare una carriera. «Regolamento alla mano, per salire a bordo mi dovrebbero far vedere che hanno con loro un invito a una cerimonia da first lady a cui le devo accompagnare. Ma con me non è necessario, mi fido».
Ma dove siedono i politici? «A Venezia otto su dieci accanto all’autista - spiega Pagan -, non vogliono tenere le distanze». «A Milano è esattamente l’opposto - dice Giuseppe Turi segretario nazionale Siar e autista della Regione Lombardia -. Dal Pirellone otto su dieci escono accomodati sul “divano” posteriore. Pochi sono come il professor Albertoni. Con lui, quando era assessore regionale alle Culture, si batteva il territorio, si lavorava sette giorni su sette ma mi sentivo parte di un team: 120-130mila chilometri in un anno non erano una passeggiata ma lo rifarei». «La capitale delle auto blu è Roma», dice con orgoglio Aurelio La Briola, autista con vent’anni di servizio oggi in forza al ministero della pubblica istruzione. Percorre tra i 25 e i 30mila chilometri annui a bordo di una Fiat Punto diesel. Accompagna un capo dipartimento. «Sì, insomma, non sono un autista di gabinetto. Io guadagno 1.250 euro al mese e ormai da dieci anni non ci danno neppure le divise. Un autista che porta un sottosegretario guadagna almeno 500 euro in più al mese e a quel punto la giacca se la può anche comprare. Sto al volante anche 15 ore al giorno, gli dedico la mia vita ma quando vanno al ristorante mi lasciano fuori», come un ombrello. «Devo dire che almeno le multe prese in servizio me le hanno pagate di tasca loro.
Il 9 maggio scorso è stato presentato un disegno di legge per la «disciplina della professione di autista di rappresentanza» che ne prevede il riconoscimento normativo. Ora si tratta di aspettare.
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