È l’ultima follia dell’Unione europea e sta facendo insorgere i vinaioli francesi. Già perché dopo aver tentato di regolamentare le misure delle zucchine e autorizzato il cioccolato senza cacao, gli euroburocrati hanno deciso di occuparsi di rosé ovvero di un vino sempre più apprezzato, prodotto con uve nere vinificate in bianco, seguendo un processo raffinato: il mosto viene lasciato macerare con le bucce per poche ore, il tempo sufficiente per assumere una tinta rosata, pallida, intensa, mielata. Insomma, è un’arte che richiede esperienza e colpo d’occhio; l’esito è al nostro palato piacevolmente noto. Ma ben presto queste virtù professionali potrebbero risultare inutili, se la direttiva elaborata dalla Commissione entrerà in vigore.
Perché dannarsi tanto? Per creare un rosé basterà mischiare il rosso con il bianco, come si miscela la birra con la gazzosa. Il risultato non sarà soddisfacente? Pazienza, perché la Commissione pensa in grande, vede lontano, molto lontano. È convinta che questa soluzione permetterebbe di commercializzare vino a buon mercato in Cina, dove, pare, il rosé sia molto apprezzato. Per la Ue le tecniche di produzione tradizionali non sono altro che «ostacoli enologici», perché nell’era della globalizzazione i grandi numeri contano più della qualità. E poi che c’è di male? Australia e Sud Africa lo fanno già.
Bruxelles non perde tempo: il progetto è già stato redatto, e purtroppo, già sottoposto ai rappresentanti dei Ventisette Paesi Ue che, a fine gennaio, hanno dato il primo benestare. La direttiva ora è all’Organizzazione per il commercio mondiale, dove gli altri Stati avranno sessanta giorni per consultarla. E se non verranno formulate obiezioni sostanziali, il prossimo 27 aprile tornerà a Bruxelles dove dovrà essere votata in via definitiva.
Il tutto senza clamore. Ma ieri il quotidiano Libération ha rivelato la notizia e la Francia è insorta. «Sarebbe un colpo durissimo, considerato che i consumi di rosé da dieci anni crescono costantemente», ha dichiarato François Millo, direttore del Consiglio inteprofessionale dei vini della Provenza, che non intende arrendersi.
I vinaioli francesi stanno preparando una campagna di lobbying a Bruxelles per bloccare il progetto o perlomeno per ottenere una distinzione in realtà doverosa: vogliono che sull’etichetta venga precisato il metodo di lavorazione, tradizionale o miscelato. Insomma, che ognuno sia libero di decidere. E chi s’accontenta non gode.
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