Ora il clan delle scommesse butta fango pure su Buffon

Il portiere accusato di giocare 200mila euro al mese. Coinvolti anche Gattuso e Cannavaro. Pellissier il punto di riferimento nel Chievo

Ora il clan delle scommesse  butta fango pure su Buffon

La notizia era filtrata già nei giorni scorsi: nelle carte del calcioscommesse c’è il nome di un calciatore della Nazionale. Ed eccolo, quel nome: ed è addirittura il nome del capitano azzurro, il portiere Gigi Buffon. A parlare di lui senza mezzi termini è uno degli inquisiti, in una telefonata intercettata il 30 settembre scorso. Secondo l’ex portiere Nicola Santoni, Buffon scommette almeno centomila euro al mese. Non si parla di partite truccate o vendute: ma per un tesserato federale scommettere è un illecito pesantemente punito. Insieme a quello di Buffon, Santoni fa il nome del milanista Rino Gattuso e di Cannavaro: non si specifica quale dei fratelli, va tenuto presente che a quella data Fabio Cannavaro era già emigrato in Arabia.
Ecco il testo, Santoni parla con un suo amico di nome Maurinho:
N: «Perchè poi c’è Buffon che gioca, gioca anche lui, sti qua...»
M: «Buffon, anche lui»
N: «Gioca 100-200mila euro al mese! (...) lui, Gattuso, Cannavaro sono proprio malati (...) solo che non si poteva ugualmente, non gli ha contestato nessuna, si son fatti il loro mondiale, poi l’hanno vinto, quindi quello».
Dichiarazioni da prendere con le molle. Ma che fanno capire perché da giorni sia così alta la tensione sul «terzo livello» dell’inchiesta di Crema sul calcioscommesse, il livello che potrebbe fare irruzione in modo devastante nei piani più alti del calcio italiano. Ci sono anche altri nomi importati. Pesantemente viene chiamato in causa in un interrogatorio l’attaccante del Chievo Sergio Pellissier, indicato come il terminale degli scommettitori nella compagine veronese (che è la squadra di A che vanta il maggior numero di partite sospette). Ed una combine organizzata da Pellissier potrebbe portare qualche problema all’Inter, che nel campionato di cui si parla nelle intercettazioni vinse lo scudetto. Il risultato della partita Inter-Chievo, secondo quanto si legge nel verbale di Massimo Erodiani, arrestato nel giugno scorso, era stato deciso a tavolino da Pellissier e dai suoi compagni di squadra con la gang delle scommesse: ma poiché il risultato prevedeva anche un gol del Chievo, erano stati contattati anche i nerazzurri che si erano detti disponibili a lasciar segnare un gol agli avversari. Il risultato finale fu di 4-3. Dice Erodiani, quando il pm gli chiede di spiegare una intercettazione in cui dice «l’anno scorso ho fatto il Chievo a Milano»: «Non parlo di Milan-Chievo, parliamo di Inter-Chievo. Questa frase me l’ha detta Pirani, perché Pirani era amico di Pellissier. Me l’ha detta Pirani che l’anno prima aveva giocato Inter-Chievo e fecero una marea di gol».
Pirani le disse che aveva manipolato la partita?
«Sì, tramite Pellissier». Il pm chiede poi se Pirani gli avesse detto anche della volontà del Chievo di segnare almeno un gol ed Erodiani risponde «Sì, sì». «Quindi aveva ricevuto il benestare della squadra avversaria?» «Sì». E il pm fa mettere a verbale: «aveva ricevuto il benestare da parte dell’Inter».
Il lavoro della Procura di Cremona, e del pool di poliziotti - dalla Mobile, allo Sco, all’Interpol - che dà la caccia al lato oscuro del nostro calcio è, insomma, solo agli inizi. L’elenco di ventidue partite di serie A, pubblicato dal Giornale il 21 dicembre, è destinato ad allungarsi. La fetta del massimo campionato finita nelle grinfie dei clan - teleguidati dall’estero, dalla base operativa di Dan Set Eeeng a Singapore - si fa impressionante. Ieri Carlo Gervasoni, difensore del Piacenza, arrestato il 20 dicembre, ha aggiunto altri tre incontri di serie A all’elenco delle partite truccate nella passata stagione. Sarebbero Palermo-Bari 2-1; Lazio-Genoa 4-2; Lecce-Lazio 2-4. Ha fatto i nomi di quindici calciatori. E ha alzato ulteriormente il tiro dell’inchiesta.
Ma le dichiarazioni di questo o quel «pentito» servirebbero a poco se non andassero a completare una indagine che ha ricostruito in modo preciso i meccanismi del malaffare nel calcio. La sostanza è che per la prima volta contro il fenomeno del calcio truccato sono state messe in atto tecniche investigative da lotta alla criminalità organizzata. I ventidue faldoni di carte che sono stati depositati insieme all’ordine di cattura costituiscono uno spaccato senza precedenti di come il crimine internazionale si sia impadronito del pallone italico. Al punto che le dichiarazioni trapelate ieri di Cristiano Doni, che ammette di avere truccato un paio di partite dicendo «l’ho fatto per il bene dell’Atalanta» suonano quasi patetiche. Le combine viaggiano su un livello ben più alto.

La Procura ha individuato anche i conti bancari su cui approdano i soldi dei clan e dei loro complici italiani. E torna a farsi insistente la voce di punti di contatto tra l’inchiesta di Cremona sul calcio e inchieste di criminalità organizzata in corso in altre parti d’Italia.

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