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Ora Fini denuncia Feltri Il premier: «Con Gianfranco visioni diverse del Pdl»

RomaGianfranco Fini, va detto, è stato di parola. E l’azione legale, lunedì solo annunciata, adesso è fatto certo. Così, poco dopo mezzogiorno, una nota di Giulia Bongiorno, deputata del Pdl, nella fattispecie legale del presidente della Camera, scuote le redazioni delle agenzie stampa. Boom. «Dando seguito al mandato ricevuto», si legge nel comunicato, «è stata presentata querela contro il direttore de Il Giornale, Vittorio Feltri, in relazione all’articolo “Il presidente Fini e la strategia del suicidio lento. Ultima chiamata per Fini: o cambia rotta o lascia il Pdl”».
Un fulmine a ciel sereno, per certi versi, se si prende come riferimento l’umore mattutino dell’inquilino di Montecitorio, «piuttosto sereno» dopo la lettura dei quotidiani. Soprattutto «molto contento» per l’appoggio pubblico fornitogli da Giulio Tremonti. Pronto a riconoscere che su alcuni temi portati avanti dalla terza carica dello Stato (vedi immigrazione, interesse nazionale, tipo di patria, globalizzazione, catalogo dei valori e dei principi), dentro il partito «si può e si deve aprire una discussione, dove vince chi convince». Insomma, «serve una tregua», spiega al Corriere della Sera il ministro dell’Economi.
Cos’è allora che non quadra? «Nulla, ogni cosa è al suo posto», si appresta a chiarire un fedelissimo di Fini a zonzo per il Transatlantico. In che senso? «Bisogna distinguere i piani - avverte il deputato -. Da una parte, Fini attende che le sue stimolazioni facciano il loro corso e che arrivi un segnale forte da parte di Silvio Berlusconi. Dall’altra, invece, va avanti come previsto nell’azione giudiziaria contro il vostro direttore».
Nel primo caso, un segnale, intanto, non si sa se gradito o meno, arriva in serata. E il Cavaliere, a Porta a porta, inquadra così le recenti divergenze. «Non ci sono problemi da parte mia, sono situazioni evocate dal presidente della Camera», attacca il premier, convinto che ci siano semmai «due concezioni diverse in campo: la mia vede, nei partiti, dei movimenti che devono essere presenti sul territorio e organizzarsi nei momenti elettorali. Per chi è professionista della politica, come Fini, deve svolgere funzioni più allargate e lì discutere le decisioni che devono essere prese dal governo e dai gruppi parlamentari». Siamo alle solite: partito leggero da un lato, pesante dall’altro.
E se la lamentela finiana contemplasse pure le cene del lunedì sera ad Arcore, con Umberto Bossi e la squadra del Carroccio, ecco la replica: «Sarebbe mio desiderio e mio piacere che dopo un incontro con la Lega ci possa essere un incontro di “caminetto”, anche in modo informale, per discutere gli stessi problemi e le stesse questioni che si sono discusse con la Lega». «Sarei il più felice di tutti - aggiunge il presidente del Consiglio - se ci saranno delle riunioni periodiche del partito e un incontro degli organi dirigenti del Pdl, con Gianfranco Fini e i coordinatori, dopo ogni incontro con la Lega».
Con il presidente della Camera, da cui «tutte le volte che mi ha chiamato, perché riteneva di dover discutere con me, sono andato», ci sono stati - riconosce - dei «fraintendimenti superabilissimi, ma penso che le cose bisogna dirsele e chiarire». E come la mettiamo con la lettera firmata ieri dagli ex aennini? «Non l’ho ancora letta, ma mi hanno detto essere molto rispettosa nei miei confronti. Si chiede di dare delle date precise agli organi del nuovo movimento politico. Nell’ultima riunione dei coordinatori e capigruppo abbiamo deciso di convocare ogni primo giovedì di ogni mese l’ufficio di presidenza e almeno ogni tre mesi la direzione nazionale. E io su questo sono assolutamente d’accordo». In ogni caso, alla gente «non interessano le chiacchiere sterili della politica».
Capitolo chiuso, almeno per il momento. Si torna alla querela di Fini, «davvero imbufalito», riferisce chi ha avuto modo di parlargli, contro Feltri. E su questo versante non intende arretrare, anche perché «non ha proprio nulla da temere». Tanto da contestare, tramite carte bollate, quell’accostamento «subdolo» che porterebbe il pensiero di chi ha letto l’editoriale in questione verso una «falsa direzione». Cioè: Fini avrebbe qualcosa da nascondere, chissà cos’ha combinato. In realtà, «non ci potrà mai essere nulla» contro di lui, assicurano in coro. Se ne prende atto.
Archiviata la querelle, quantomeno la sua ufficializzazione, Fini si divide tra la presidenza dell’aula e alcuni «importanti colloqui». Con Niccolò Ghedini, tanto per cominciare, in un faccia a faccia di tre quarti d’ora.

Un incontro «distensivo», è l’analisi ricorrente, con il legale del premier nei panni di pontiere, nonostante Ghedini minimizzi così: «Una visita di cortesia».

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