Ora l’Unione litiga anche sulla Coca-Cola

Ora l’Unione litiga anche sulla Coca-Cola

Alla sinistra non bastavano le divisioni sull’Irak, mi ritiro subito, fra un po’, faccio come Zapatero, tutti a casa, ne parlo con gli iracheni o mollo tutto, e chi s'è visto s'è visto. Né bastava l'interrogativo se una volta al governo cercheranno di far funzionare l'economia di mercato, oppure punteranno su quel «modo diverso di produrre» del quale parlano i guru no global, da cui lo slogan portato in giro nei cortei «cambiare è possibile». Né bastano, con l’ingresso di Pannella nella compagnia, le divisioni delle quali parla Livia Turco sul che facciamo, puntiamo alla conquista del governo o alla denuncia del Concordato.
No, tutto questo, non basta. Dalla lettura dell’Unità e di Liberazione si apprende che sì, c'è un nuovo motivo di litigio, la Coca-Cola, sul quale due intellettuali di livello come Furio Colombo e Rina Gagliardi, tutti e due devoti alla Causa, si accapigliano (a paginate e titoloni). E il tema sembra secondario, e magari un po’ citrullo, ma non lo è perché riguarda robe come il libero consumo, ognuno consuma quello che gli pare, e se gli piace la Coca-Cola se ne ingozzi, e se no si faccia un chinotto, come preferisce Bertinotti optando per il «consumo equo e solidale».
Come nelle dispute dei tempi eroici dell’Urss, Stalin e Bucharin, e Trotski, le vie di mezzo, beviamo tutti e due, o nessuno dei due, non sono possibili. Per fortuna, questa volta la disputa non finirà fra un muro e un plotone di esecuzione. ma insomma deve essere chiaro chi possiede la Verità, l’altro deve quanto meno riconoscere i suoi errori.
E la cosa non resta fra la Gagliardi che la Coca-Cola aborre e Colombo il quale è accusato dalla sua interlocutrice di buttarsi sull’Unità «a capofitto in un inno liturgico» in difesa della bevanda maligna, e di essere «tossicodipentende cocacolizzato». Il «Colombo liberal» considera la Coca-Cola, istituzionalmente parlando, una associazione benefica, mentre lei la ritiene una associazione a delinquere a sfondo sadico visto che il suo scopo precipuo non è produrre quanta più bevanda possibile e venderla al meglio, ma infierire sui lavoratori della Colombia, pagati oltre a tutto 150 dollari al mese, come nella Cina comunista. La Gagliardi informa che c’è una associazione mondiale, la Recob, che ha decretato l’ostracismo alla Coca-Cola, e questa associazione opera anche in Italia, ove la mortifera bevanda ha avuto la sfacciataggine di sponsorizzare le Olimpiadi invernali. Di qui la guerra, proclamata in due circoscrizioni di Roma ove si è vietato ai tedofori il passaggio per impedire loro di esibire sulla magliette e le mutande il marchio della bevanda sacrilega, mentre il Consiglio comunale di Torino, capitale della regione che dello sponsor incassa i 30 danari, ha vietato nelle mense comunali di vendere e consumare la bibita.
È andata a finire che a Roma con la mediazione di Veltroni, si sono messi insieme gli autori del boicottaggio e un dirigente della Coca, e quest’ultimo ha proposto e ottenuto di ospitare una delegazione, viaggio e mantenimento in loco, che vedano e vedano, a Torino si sta facendo lo stesso. E c’è, nella soluzione, un aspetto positivo: per una volta, il turismo politico alla Vendola non è pagato dalle amministrazioni, cioè da noi tutti, ma da una multinazionale yankee. Il che, codice a parte, è considerato un bel risultato.
a.

gismondi@tin.it

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