Elisabetta Sgarbi, la prima domanda è d’obbligo: come è andata la Milanesiana?
«Benissimo, grazie. Sembrava di essere al centro del mondo, un crocevia di idee, desideri, aspirazioni come raramente succede. È la Milanesiana che ho sempre avuto in mente, dove Milano diventa una finestra per guardare il mondo».
Anche la seconda domanda è d’obbligo: cosa pensa dei recenti attacchi al suo festival? Mauri e Feltrinelli l’hanno criticato dicendo che non è adeguato, la formula è logora, che bisogna cambiare...
«Mi viene da rispondere con una battuta non mia, che la Milanesiana logora chi non la fa. In realtà logora chi la fa, perché costa molta fatica e impegno. Poi una precisazione, Stefano Mauri da Repubblica è stato travisato; non ha mai detto che la Milanesiana è logora, anzi. E lo testimonia la quantità di autori del gruppo Longanesi che anche quest’anno hanno accettato il mio invito. Poi Mauri ha anche rettificato, su Repubblica, ma è stato tagliato».
Cosa hanno tagliato?
«La parte sul “caso” Herta Müller, che avrebbe abbandonato la Milanesiana perché offesa dal fatto che ha dovuto accorciare il proprio intervento. Riporto letteralmente la replica di Mauri, che io ho ricevuto: “Premetto che l’equivoco è parso strano a noi spettatori (la sala era piena). I relatori mandano anticipatamente il testo che intenderanno leggere, e scaletta o no (a parte che la scaletta scritta non privilegiava Magris rispetto alla Müller) quello sono ovviamente tenuti a leggere”».
Tornando alle critiche?
«Io non ho mai inteso la Milanesiana come una vetrina promozionale di alcunché, ma come un luogo dove far confluire artisti da tutto il mondo e farli confrontare su un tema. Ho sempre invitato autori di tutti gli editori, compresa Bompiani naturalmente, perché scelgo nomi che credo interessino il dibattito culturale. Ma a parte queste insulse polemiche da salotto editoriale, sa cosa mi preoccupa di più? Vedere che la cultura sia trattata come una merce di scambio; o, peggio, qualcosa che per esistere ha bisogno di venti nuovi, benedizioni politiche diverse da prima. La cultura si fa sempre, anche quando la politica non la benedice; e, direi, in questi casi, è molto più importante farla. In 12 anni ho dovuto, con ogni nuova amministrazione, di qualsivoglia colore fosse, ripartire da zero, rispiegare tutto e superare le diffidenze, da destra e da sinistra. Poi, c’è chi ha capito di più e chi ha capito di meno: la Benelli, la Moratti, Carruba, Maerna, ad esempio sono tra i primi. E poi, la cultura è come l’aria: più ce n’è, più si diffonde e più cresce l’economia culturale. Traducendo: ci sarà un Salone del Libro a Milano? Ne sono felice, ma non capisco perché prendersela con la Milanesiana».
Oggi alcuni grandi editori si troveranno a un tavolo per pensare un grosso evento culturale di respiro europeo, che a detta loro a Milano manca.
«Premetto che non so nulla di quello che accadrà. Da quello che leggo dai giornali, credo che usare la parola “evento” sia pericoloso. Il Salone di Torino non è un evento, è un mondo di centinaia di eventi. Perché se fai un evento, non vendi tanti libri. E quindi non ha molto senso l’investimento di tempo e risorse degli amministratori delegati di importanti gruppi editoriali. Ma poi perché non coinvolgere dall’inizio Fazi, e/o, minimum fax, Fandango, Sellerio, eccetera? Sono tutti editori che hanno qualità e bestseller. Comunque, se arriva questa nuova cosa – ma non credo che avverrà proprio in questa forma - la Milanesiana rimarrà se stessa perché è un’altra cosa: non è un festival di Letteratura né un Festival del Libro. È il progetto di una “città delle arti”, dalle più tradizionali ai videogiochi, che si raccolgono in un tempo e in uno spazio determinato».
I vertici della nuova amministrazione comunale hanno disertato l’inaugurazione della Milanesiana, e un funzionario ha ricordato che i finanziamenti al festival non sono scontati in futuro. Qualcuno sta cercando di avere soldi finora destinati alla Milanesiana?
«La Provincia dà 200mila euro, che è uno sforzo importante. Il Comune 75mila. Il resto, e non è poco, sponsor privati che io stessa contatto. E non è semplice coinvolgere un privato nei contenuti di una manifestazione culturale. E non lo dico io, lo ha detto Bertollini, presidente della Fondazione Pomeriggi Musicali - che raccoglie i finanziamenti e paga tutto -. La Milanesiana, in 12 anni, è diventata una macchina virtuosa che ha resistito alla crisi: tagliando il costo del festival del 50%, ma ogni anno arricchendo la proposta culturale. Con il Comune non ho ancora parlato. Se volessero destinare ad altri i soldi della Milanesiana, non posso impedirlo, ma non ne vedo le ragioni, francamente».
Io quando sento espressioni come «vento nuovo di Milano», «a Milano si respira un’aria nuova» eccetera..., come se Pisapia avesse già trasformato un villaggio tribale di cafoni in una metropoli internazionale di fini intellettuali, ho le convulsioni allo stomaco. E Lei? Davvero quando c’era la Moratti stagnava l’ignoranza, mentre oggi si respira poesia?
«Certo che no. Non è che le nuove amministrazioni sono lavaggi del sangue. È chiaro, tuttavia, che il nuovo, soprattutto se atteso tanti anni, crea entusiasmo. Però guardi, io credo che la politica sia qualcosa di diverso dal Premio Strega, che cito quest’anno non a caso. Per il Premio Strega fatichi molto, vinci o perdi, e torni a casa a pensare ad altro. Le elezioni, invece, le vinci e devi iniziare a governare.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.