Ora la magistratura apre al processo breve

RomaHa bisogno di riforme questa giustizia al collasso che, soprattutto per la lunghezza dei processi, respinge l’Italia al 156º posto nella classifica della Banca mondiale dei 181 Paesi cosiddetti civili. Meglio di noi, si rammarica il primo presidente della Cassazione Vincenzo Carbone, si piazzano Angola, Gabon, Sao Tomè e Guinea.
Arriva ancora una volta un grido d’allarme dall’inaugurazione dell’anno giudiziario, nella solenne Aula magna del Palazzaccio affollata dai vertici istituzionali, a cominciare dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e dal capo del governo Silvio Berlusconi.
Prima Carbone, poi il procuratore generale Vitaliano Esposito, puntano il dito contro i tempi della giustizia «intollerabilmente lunghi», che provocano un enorme numero di prescrizioni. E guardano con favore a interventi per realizzare un «processo breve» e riformare la legge Pinto, che ha già gravato il ministero della Giustizia di un debito di 267 milioni di euro per i risarcimenti dovuti a processi troppo lunghi.
Mentre i magistrati dell’Anm si preparano alla clamorosa contestazione di oggi alle cerimonie locali per il nuovo anno giudiziario, per protestare contro le iniziative di governo e parlamento, dagli ermellini della Suprema Corte arriva dunque un significativo apprezzamento verso la politica giudiziaria intrapresa, unito alla richiesta di fare molto di più e soprattutto in modo organico.
«Debbono essere accolte con favore - dice Esposito - tutte le iniziative volte a contenere la durata del processo entro termini ragionevoli, secondo i parametri indicati dalla Corte di Strasburgo». Ma il Pg aggiunge che ogni intervento del genere dev’essere preceduto da una «radicale riforma strutturale», condivisa ed equilibrata e da un «adeguato potenziamento delle risorse umane e materiali».
Carbone ed Esposito parlano anche ai magistrati, l’uno per stigmatizzare il protagonismo di alcuni a caccia di audience nei talk show tv, l’altro per condannare la conflittualità che a volte divampa tra toghe stesse. E insieme i due massimi esponenti della Cassazione dicono basta ai contrasti «non più tollerabili» tra magistratura e politica, per superare le tensioni e aprire un dialogo costruttivo.
C’è in prima fila il Guardasigilli Angelino Alfano ed è lui ad assicurare che di fronte al quadro critico della giustizia non c’è rassegnazione, ma la volontà di andare avanti con le riforme anche costituzionali. Non ho «la bacchetta magica», dice il ministro, ma un governo «forte e autorevole» è in grado di affrontare un’azione organica per restituire efficienza alla giustizia. «Abbiamo in mente - spiega Alfano - un progetto chiaro per vincere la lentezza della giustizia». E conferma che si procederà anche alla separazione delle carriere tra giudici e pm, oltre che al varo di misure urgenti per smaltire l’enorme arretrato dei processi.
Per il vicepresidente del Csm Nicola Mancino, serve «il metodo del confronto» sulle riforme, che dovrebbero essere «auspicabilmente approvate con l’apporto delle opposizioni». E apre alla riforma per una sezione disciplinare autonoma del Csm. Riferendosi alle polemiche tra politica e magistratura, Mancino aggiunge però che quest’ultima non può subire «intimidazioni o di interferenze».
Autonomia e indipendenza non si toccano, ha detto poco prima Alfano: «I giudici sono soggetti solo alla legge. E la legge la fa il parlamento». Chi vuol capire capisca.
L’atmosfera è incandescente, sotto la paludata apparenza.

Tra i magistrati non tutti condividono la decisione dell’Anm di abbandonare l’aula nelle cerimonie di oggi, quando parlerà il rappresentante del ministero della Giustizia. Per il consigliere del Csm Cosimo Ferri, di Magistratura indipendente, la protesta dell’Anm è «sbagliata», perché allontana la possibilità di un dialogo costruttivo tra magistratura e politica.

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