Roma - «Sono cambiata e me ne vanto». Abbandonate le gloriose melasse titaniche, Celine Dion si presenta bella e diversa alla presentazione del nuovo cd-dvd Taking Chances in uscita domani a tre anni da Miracle. Soprattutto bella rispetto alla patinata copertina che la ritrae bionica, troppo finta per essere vera. E anche diversa perché ha deciso di chiudere con il melodramma musicale che tanto l’ha resa celebre. «Un altro Titanic? Fossi matta, ho 25 anni di carriera alle spalle e non voglio far più roba simile, se un produttore mi si avvicina e mi propone colonne sonore romantiche di quel tipo per lui sono guai seri, veramente...».
In effetti il cd trabocca di sonorità trendy. È per questo che ha abbandonato la super produzione di David Foster?
«No, David non lo lascio di certo. Se domani mi manda una canzone la metto subito nella lista del prossimo cd. Lui è il numero uno (canadese come lei) è solo che per la prima volta ho voluto dare una svolta alla mia carriera e chiudere con il cliché del suono dolciastro»
Sarà, ma il pianoforte e il basso acustico tipico del Foster sound hanno creato un’icona musicale, funzionava alla grande perché cambiare di colpo?
«Lo so, la mia è una sfida, volevo dare una svolta alla mia musica, brani più duri e qualche momento rock.
Ma non le sembra di entrare in territori scivolosi per un’artista dalla voce potente ma soave come la sua?
«Ma quale soave, ho già duettato con gli Ac/Dc e spero presto di poter bissare l’esperienza, sono simpaticissimi. Del resto sono cresciuta ascoltando i Creedence Clearwater Revival, Janis Joplin, i Supertramp, i Beatles. Che c’è di meglio per affinare il proprio gusto musicale? La verità è che sono stata fortunata a crescere con quelle note, dolce musica che ha influenzato la mia vita. Così ho deciso di dare la svolta rock».
Ci risiamo. Ma se dicessimo che il cd sprizza rock da tutti i pori diremmo una bugia
«Però è vario musicalmente. È come me, e io sono cambiata. Una nuova Celine, più vicina a quello che sono in realtà. Nel cd c’è una canzone che mi porto appresso da 15 anni e non ero mai riuscita a incidere: si chiama That’s just the woman in me, ed è stata scritta da Kimberly Rew, è un brano che sento mio come nessun altro, è favoloso.
Insomma, dopo la maternità ora c’è una nuova carriera musicale
«Nei due mesi che ho passato in sala d’incisione ho ritrovato la fanciullezza perduta. La differenza tra questo cd e il resto delle mia produzione in lingua inglese è enorme e si può ascoltare. Dentro ci sono persino errori, sì errori, che bello sono diventata umana».
Dice di voler chiudere con i pezzi strappalacrime. Ma sono quelli che gli hanno fatto vendere milioni di dischi...
«My heart will go on e The Power of Love erano una gabbia dorata dal quale rischiavo di non uscire più. Me ne sono liberata e non chiedetemi di cantarle ai concerti. Almeno per ora».
Il mercato musicale è in caduta libera, si vendono sempre meno dischi compresi i suoi, il futuro è nero?
«Non mi sorprendo di quello che sta accadendo. Le mode si evolvono. Stiamo vivendo un periodo in cui spadroneggia il video più che l’audio. Mi ricordo da piccola che la mia casa, come quelle dei miei amici, erano piene di dischi e si passava il tempo ad ascoltarli. Ora non più, c’è l’I-pod usa e getta. Sono finiti i tempi in cui con un album riuscivo a vendere 25 milioni di copie. The game is over».
Il suo cantato ha più pathos
«Sì, ho cambiato il modo di cantare, in effetti non saprei dire il perché, sarò meno stressata. Vi piace?».
Prima di salutare un pensiero a Pavarotti, l’amico scomparso.
«La stampa internazionale spesso lo ha dipinto male e non so perché. Per me è stato un stupefacente privilegio poter duettare con lui. Come nel loft newyorkese con la moglie. Emozionante e commovente come la sua voce».
Arrivederci il 3 luglio a san Siro.
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