Ora la politica passi dalle persone alle idee

C’è solo un modo per salvare la politica e l’Italia dalla guerra incivile permanente: passare dagli uomini alle idee. Non prendetemi per pazzo o per idealista. Se i conflitti sono diventati feroci e se la politica, come il giornalismo e la giustizia, è diventata una caccia all’uomo, il motivo di fondo è uno solo: l’attacco o l’attaccamento alla persona (...)
(...) precede il rispetto del ruolo, del compito e dell’istituzione che rappresenta. Nessuno appare come il portatore di un’idea, di una storia, di un disegno che trascende la sua persona, ma tutto si concentra su di lui e sul suo caso personale; chi è, che fa, come vive in privato, che scheletri nasconde. Al più, a che clan appartiene. E viceversa, anche da parte dello stesso titolare, prevale il lato privato e il fatto personale sul ruolo e sul disegno che rappresenta. Non c’è l’autorità, ci sono i potenti. Questa è la politica ad personam, che poi recita a soggetto; ma questa è pure la magistratura o il giornalismo, almeno nelle loro creste più vistose. Della magistratura rimpiangiamo il tempo in cui si conoscevano le sentenze e i tribunali ma non i nomi e le facce dei magistrati. L’impersonalità era la garanzia del ruolo. Ora si è perduta. Del giornalismo e della cultura ci manca l’epoca in cui si dibattevano e si confutavano le idee, le opere, le tesi. Ora si avversano i nemici e si incensano gli amici, non si dibatte ma si cancella l’antagonista, si disputa tra bande, non tra idee. Della politica ci manca non solo il confronto ma anche lo scontro delle idee. Avversare le idee, e non incarognirsi sulle persone.
Stanchi dell’era ideologica e delle sue intolleranze degli anni passati, rinunciammo al dibattito delle idee nel nome dell’efficacia e cominciammo a dire: vogliamo fatti e realizzazioni e non parole, idee o peggio ideologie. Ma abbiamo perso le idee senza aver guadagnato i fatti, abbiamo perso le culture politiche e i disegni ideali senza guadagnare in efficacia. Poi cominciammo a dire, basta dividerci sulle idee e sui discorsi generali, ragioniamo piuttosto sulle persone. Ma poi l’accanimento si trasferì ad altezza uomo. Una volta si poteva anche combattere l’errore e salvare l’errante, distinguere tra l’idea da avversare e l’avversario da rispettare. Con la personalizzazione no, è lui l’errore in persona. Così la politica è sorretta da rancori personali, vendette e antipatie, fatti privati o secondari rispetto alle urgenze dell’Italia.
La politica egocentrica, sottratta alle idee e identificata con le persone avrebbe dovuto guadagnare in umanità; invece ha preso la piega inversa e il conflitto si è fatto incivile. Nessuno rimpiange l’era in cui si sparava su una persona solo perché ideologicamente avversa e dunque non per odio personale ma perché rappresentava una categoria o una classe. Ma ora siamo arrivati alla barbarie opposta. Il progetto non è battere la destra o la sinistra, ma andar contro quello lì, sfasciarlo, sputtanarlo. Certo, l’intolleranza ad personam è opposta a quella dei fanatici dell’islam: là ti massacrano non per quel che sei tu, ma perché rappresenti un simbolo, una categoria, una civiltà. A volte basta essere cristiano o solo occidentale per massacrarti. Qui, per fortuna, non siamo ai massacri ma l’odio si è personalizzato. Non si critica ma si spernacchia. Non si attaccano le idee ma si impedisce di esprimerle, perché la fonte è squalificata a priori. Non si hanno due idee opposte, ma tu non hai diritto di dialogo.
Allora non resta che spersonalizzare la politica e ripartire dalle idee e dagli esiti concreti; non discutere di te, ma di cosa sei portatore e quali sono i risultati. Dobbiamo ripartire dall’abc del pensare politico, tornare alle elementari della politica, rifondare le sue categorie, magari evitando di ricadere in quelle vecchie e stanche del Novecento, come destra e sinistra. Dobbiamo riprendere a pensare la politica, prima di inscenarla nei media.

È da lì che dovremo ripartire appena si conclude questo ciclo. Ma pensandoci subito, da ora. Ripartiamo dalle idee perché nuovi leader all’orizzonte non se ne vedono. E di òmini, ominicchi e quaquaraquà non se ne può più.

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