Ora si schiera anche Ciampi Sponda al governo sul nucleare

RomaOccorre «rompere vecchi tabù come quelli del nucleare ma, soprattutto, come i tanti, troppi incroci interdittivi centrali e locali in cui questo Paese smarrisce la sua capacità realizzativa». A scrivere queste parole ieri sul Messaggero non è stato un componente del governo Berlusconi, ma il presidente emerito della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi.
La presa di posizione riflette una diversa sensibilità liberal sul tema dell’energia atomica. Lo stesso riferimento dell’articolo al think tank bipartisan Italiadecide, presieduto da Luciano Violante, risuona come un monito contro eventuali derive estremistiche del Pd. Soprattutto nel momento in cui l’allarme dei Verdi sull’ipotetica dislocazione delle nuove centrali ha già mobilitato alcuni esponenti della «bocciofila» bersaniana come Ignazio Marino, in cerca di facili argomenti da utilizzare in vista della campagna per le Regionali. «Piuttosto che terrorizzare il mondo con toni catastrofisti, è bene fare proprio in profondità il credo dell’ambientalismo del fare», ha aggiunto Ciampi.
Si tratta di una «sponda» inattesa per il governo, bersaglio degli attacchi strumentali degli ambientalisti. Il «toto-centrale» infatti si è arricchito di un nuovo pronostico: l’area veneta del Polesine, indicata dal Corriere come possibile sede di un impianto in virtù della disponibilità manifestata alcuni mesi fa dal governatore Galan.
Ipotesi smentite dal ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola. «C’è un percorso di definizione dei siti attraverso criteri che saranno affrontati in primavera. Tutto il resto sono chiacchiere», ha ribadito sottolineando che prima della prossima primavera non ci dovrebbero essere novità.
Per valutare la questione, infatti, occorre considerare due prospettive: una tecnico-politica e una industriale. In primo luogo, bisogna ricordare che per l’Agenzia per la sicurezza nucleare, l’authority che presiederà ai nuovi impianti, si è ancora in attesa di approvazione dello statuto da parte dei ministeri dell’Economia e della Funzione pubblica. Successivamente, il Consiglio dei ministri dovrà fissare i compensi dei cinque commissari. Contestualmente, entro il 15 febbraio dovrebbero essere emanati i decreti attuativi della legge Sviluppo per la localizzazione dei siti, le compensazioni ambientali ai territori e lo stoccaggio delle scorie.
Dal punto di vista industriale, bisognerà invece attendere la delibera del Cipe sulla scelta della tecnologia. In pole position c’è l’Epr messo a punto dalla francese Edf che ha sviluppato già un accordo con Enel per la realizzazione di quattro impianti (non necessariamente su quattro siti perché una centrale può avere anche due reattori). È logico che il principale candidato alla costruzione abbia già le idee chiare, ma prima che tutto sia messo nero su bianco dal governo nessuno muoverà il primo passo.
Insomma, la «mappa» degli otto siti propagandata dai verdi di Angelo Bonelli martedì scorso non ha alcun valore. Tuttavia che l’argomento sia molto «sensibile» in prospettiva elettorale lo ha confermato lo stesso governatore del Veneto, Giancarlo Galan. «Sono fermo al fatto che la tipologia del suolo non indica alcuna possibilità di avere una centrale nucleare», ha dichiarato ieri specificando che in Polesine c’è un rischio di subsidenza, ossia di sprofondamento del suolo.

Anche il ministro leghista Zaia si è appellato al «principio di equità» nei confronti del Veneto. Reazioni pacate ma nella sostanza simili alle prese di distanza del Lazio dopo gli accenni alla riattivazione di Latina e Montalto di Castro.

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