Stefania Scarpa
Povero Piero Marrazzo, abbandonato anche dagli amici. Il governatore che aveva promesso di fare della Regione una «casa di vetro» o ha sbagliato detergente o si è dimenticato di tirare su le tapparelle. Perché gli attacchi alla sua trasparenza si moltiplicano anche da parte di chi dovrebbe chiudere un occhio sull’ex teleconduttore. Così, sorprende fino a un certo punto l’articolone comparso ieri sul settimanale L’Espresso. Giornale del gruppo Caracciolo (per intendersi, quello di Repubblica), che certo non fa mistero dei suoi orientamenti politici. Ma che stavolta va giù pesante con l’uomo che ha ridato la Regione al centrosinistra dopo la parentesi-Storace. «Il Pierino Marrazzo» è il titolo dell’articolo a firma Riccardo Bocca. Documentatissima inchiesta su un anno di sprechi, nomine, appalti, strani concorsi alla Pisana.
Tra le perle della Marrazzopoli, le altissime spese per le consulenze esterne e per le cosiddette «competenze accessorie» dei dipendenti, non previste dallo stipendio; la fallimentare gestione della pianta organica; le nomine dei direttori, per le quali in alcuni casi si chiude un occhio su eventuali carenze curriculari dei candidati, e in altri si è talmente rigidi da redigere un bando di concorso ad hoc per un determinato nome; ancora, la bocciatura a opera del Tar della politica energetica, leggi riconversione a carbone della centrale di Torre Valdaliga Nord a Civitavecchia.
Insomma, una caporetto. Al punto che il giornalista dell’Espresso, che pure precisa di non rimpiangere la precedente giunta Storca (ma qui siamo nella normalità politica...), è costretto a prendere in prestito le critiche dell’opposizione regionale, che da tempo accusa Marrazzo e la sua giunta di giocare a fare i «moralisti di giorno e i lottizzatori di notte».
Ma ormai criticare Marrazzo è un gioco facile, anche a sinistra. Perché, come fa notare Fabio Desideri, capogruppo della lista Storace, quella «sancita dall’Espresso non è la prima bocciatura in casa» rimediata da Marrazzo. Già il 15 luglio 2005, quando Marrazzo si era da poco insediato alla Pisana, era arrivata la prima staffilata, firmata da Cesare Salvi, da Fabio Mussi e da quel Giorgio Napolitano che di lì a qualche mese sarebbe addirittura diventato capo dello Stato. Insomma, a posteriori una bocciatura «presidenziale» per Marrazzo, non nominato ma chiaramente accusato in un ordine del giorno dei tre esponenti ds di essere partito con il piede sbagliato. I tre criticarono «l’attività di regioni governate dal centrosinistra che, dopo le ultime consultazioni politiche, hanno moltiplicato gli incarichi amministrativi suscitando sconcerto e giuste critiche nell’opinione pubbliche», citando espressamente Lazio, Campania e Calabria. E a poco valse la difesa d’ufficio del sindaco Walter Veltroni, che allora garantì sulla «politica di rigore e di risanamento» condotta da Marrazzo.
Ma non finisce qui: un’altra coltellata arriva a Marrazzo pochi mesi dopo, e stavolta assomiglia a quella di ieri, perché è mediatica. Il quotidiano comunista il Manifesto pubblicò un articolo molto negativo su Marrazzo. Quella volta sotto accusa finì lo «spoil system» disinvolto operato dal governatore in particolare in materia di dirigenti Asl, tema che ha creato rogne giudiziarie al presidente. Insomma, la «casa di vetro» appare poco pulita anche vista da sinistra.
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