In fondo, il senso stava tutto lì, in cima alla scalinata di quel Palazzo Nuovo che da generazioni è la sede dell’Università. Da una parte, l’angolo dei No Tav, i soliti slogan, il solito linguaggio. Dall’altra, giusto dieci metri più in là, il palchetto dell’Mtv Days dove musicisti esordienti passavano uno dopo l’altro a suonare accontentandosi magari di pochi spettatori. Per due decenni molti hannoconsiderato Mtv come il simbolo della musica incellofanata, sapete quella roba glamourous che faceva rabbrividire i puristi d’antan. Poi c’è stata la sberla del web, la frammentazione dei canali televisivi, il bisogno di reinventare uno dei brand più famosi del mondo. Ora - ed è la terza fase - Mtv diventa multitasking e scende in piazza. In modo concreto, comequi a Torino dove in tre giorni oltre centomila persone si sono sparpagliate tra le aule dell’Università e i concerti di Piazza Castello.
Ma anche in modo simbolico girovagando più diffusamente nell’arena dei giovani, di quel segmento 15 - 34 anni che naturalmente, quasi fisiologicamente, gode della musica. Ma non parla solo di quello. Parla anche, ormai soprattutto, di posti di lavoro, di anoressia e bulimia, di gravidanze precoci o di maschere generazionali ( Jersey shore ad esempio) che valgono un trattato di sociologia. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti, scansando qualsiasi rischio di apologia. Tanto per fare due esempi, il reportage di Mtv News sulla rivoluzione libica ha vinto il Premio Ilaria Alpi, roba inimmaginabile fino a pochi anni fa.
E la campagna «Io voto- Vota e fatti votare» (badate bene: si chiama «io voto», mica «vota questo» o «non votare quello») ha avuto un successo clamoroso, invidiato e di sicuro pronto a essere copiato qui e là. Positività, innanzitutto. E l’altro giorno faceva un bell’effetto vedere l’aula magna di Palazzo Nuovo piena zeppa in attesa che Giorgia parlasse a cuore aperto dopo essersi seduta alla stessa scrivania dove professoroni come il penalista Carlo Federico Grosso o il costituzionalista Franco Pizzetti di solito elencavano commi e fattispecie. Poco più in là il batterista Mario Riso dei Rezophonic e, dopo di lui Alex Britti e Niccolò Agliardi, dava lezioni di musica. Al piano di sopra, nelle aule con le ripidissime tribune di banchi, Alessio Bertallot e Noemi e Caparezza e persino il ruvido J Ax incontravano gli studenti ( ma non solo quelli: notati anche tanti, diciamo così, fuoricorso). Un clima che magari ci fosse al novanta per cento delle altre lezioni universitarie. Infine, alla sera a poche centinaia di metri, ossia in Piazza Castello sul palco con vista sulla Cappella della Sindone, un concerto con trenta, quarantamila persone davanti, concerto dopo concerto, a Max Pezzali, a Daniele Silvestri, ai Casino Royale e ai Subsonica.
Tutto ordinatissimo, al massimo qualche cartaccia per terra. E tutto gratuito, appunto. Volendo, è anche un segnale importante per la musica dal vivo visto che in Europa tanti Festival tuttora fossilizzati nella vecchia formula dei megaeventi, rituali e a pagamento, hanno subito una flessione a due cifre, un dettaglio che per forza non può essere sottovalutato. In poche parole, dopo anni di tentativi, Mtv ha ritrovato la sintonia del pubblico, soprattutto di quel pubblico che sfugge alle catalogazioni dei grandi media e che trova una valvola di sfogo sempre più massiccia nel web. Ad esempio, nei giorni di Torino (che si sono conclusi sabato sera con i Subsonica scatenati) il topic «mtvdays» è entrato tra i primi cinque di Twitter. Non è un dettaglio da poco, attenzione.
E, al di là dei palinsesti dei singoli canali Mtv spalmati in chiaro o sul digitale, celebra il ricongiungimento dei giovani a quella che per antomasia è la loro tv, quella che uno sbandamento epocale ha per qualche tempo privato del trono.
Ma oggi siamo daccapo, con qualche novità e forse con maggiore umiltà tanto che, per dirla tutta, i trentamila che sabato sera cantavano Hanno ucciso l’uomo ragno con Max Pezzali, rappresentano davvero una nuova generazione di mtvedenti (ovvio: per quella vecchia gli 883 anche no, figurarsi).
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