Cronache

Ora il veterinario si difende: «Il canile non è un lager»

Ora il veterinario si difende: «Il  canile non è un lager»

Francesco Gambaro

«Sono 22 anni che faccio questo lavoro e non mi permetterei mai di lasciare agonizzare un cane per giorni. Ma prima di sopprimerlo, voglio vedere come risponde a un determinato farmaco ed essere sicuro di aver fatto di tutto per salvarlo. Vorrei sapere a che titolo parlano certe persone e come mai non mi hanno mai denunciato alle autorità giudiziarie». Enrico Tuo, è il veterinario del canile di via Adamoli, che nei giorni scorsi è finito nell'occhio del ciclone, dopo il corposo dossier raccolto da alcuni volontari (e riportato da il Giornale) per segnalare l'inadeguatezza della struttura comunale. Nel dettaglio: «controlli sporadici e superficiali dello stato sanitario dei cani, carenze di misure di prevenzione per patologie importanti (torsione gastrica ad esempio), ritardi e superficialità nella gestione delle emergenze, inadeguato controllo sanitario precedente e seguente l'adozione di animali del canile, ritardata o omessa soppressione eutanasica per animali agonizzanti o gravemente sofferenti». Accuse pesantissime, che hanno fatto scattare automaticamente il blitz dei carabinieri del nucleo antisofisticazione e del nucleo operativo ecologico.
Ma «Il verbale redatto dai Nas - si legge nel comunicato vergato dal consiglio direttivo dell'U.n.a, l'associazione vincitrice nel 2004 del bando per la gestione del canile - non ha rilevato alcun aspetto negativo». C'è scritto, infatti, che «nonostante la struttura sia fatiscente, i cani sono in discrete condizioni». Lo abbiamo verificato di persona, facendoci accompagnare nel canile dal veterinario della struttura. Prima accusa: controlli sporadici sullo stato di salute degli animali. «È falso», tuona il dottor Enrico Tuo. Che nel canile, per protocollo approvato dall'ordine dei medici, lavora quattro ore al giorno. Durante le quali tutti i cani vengono visitati in infermeria. «Dopo la visita, controllo la loro alimentazione e leggo le comunicazioni dei volontari, che mi segnalano con dei bigliettini gli eventuali problemi degli animali». Accusa numero due, la più pesante: cani lasciati agonizzanti per vari giorni. Lapidaria la risposta del veterinario: «Non esiste in alcun modo che io permetta una cosa del genere. Tra l'altro prima di decidere per l'eventuale soppressione di un cane, oltre a consultarmi con altri colleghi di altri istituti, e a prescrivere ulteriori esami, sono tenuto a informare la Asl». Tuo cita il caso di un cane maremmano di 14 anni, arrivato al canile di via Adamoli con dei problemi di respirazione. Dopo tre settimane di cure, esami e costante monitoraggio, l'animale è deceduto per un tumore polmonare. «Ma un volontario mi ha accusato di averlo lasciato morire», allarga le braccia il veterinario. Altra accusa contenuta nel dossier: cure d'emergenza prestate in ritardo. «Il mio contratto prevede che sia reperibile 24 ore su 24 per il Pronto Soccorso della Croce Bianca. Quando i militi della Croce raccolgono dalla strada un cane o un gatto ferito a seguito di un incidente, me lo portano nello studio di Sampierdarena e io faccio la diagnosi. Subito dopo l'animale viene trasferito nel canile». Altra denuncia: le carenze di misure di prevenzione per patologie come la leishmaniosi o la torsione gastrica. E qui il medico s'infervora: «Le prevenzioni ci sono e vengono affrontate in collaborazione con la Asl. Ma quello che dico di fare ai volontari, loro spesso non lo fanno».
Tuo cita il caso di Nettuno, cane meticcio incrociato con un apstore tedesco, che soffriva proprio di torsione allo stomaco: «Dopo averlo operato, l'ho messo in infermeria e successivamente in un box, col cartello: non deve mangiare niente. Una settimana dopo l'ho trovato morto. I volontari del pomeriggio gli avevano dato sette scatolette da mangiare». Altro aspetto discusso: la profilassi prevista per le entrate e le uscite dei cani. Spiega ancora il veterinario che «a ogni ingresso gli animali sono sottoposti a esami del sangue e vaccini, per cimurro, epatite, antirabico, parvovirosi». Stop. A seguito delle segnalazioni dei volontari, la direzione dell'U.n.a aveva richiesto al comitato il materiale che comprovava quanto dichiarato nel dossier. Inutilmente. Mentre sui tavoli della direzione è arrivato un altro documento, di tenore esattamente opposto, firmato da una quarantina di volontari. Che, in estrema sintesi, dicono: «La struttura è fatiscente, ma non ci sono vetri rotti ed esiste il riscaldamento. Tutti i cani hanno almeno un pasto al giorno, e alimenti specifici per varie patologie. Esiste un personale che si occupa di somministrare le terapie prescritte dal veterinario. Per le patolgie più complesse vengono consultati veterinari anche di altre città». E soprattutto: «Non c'è più stato un solo decesso di cuccioli a fronte di quelli del 2003». Si sottolinea, infine, come presso il canile siano stati salvati centinaia di animali, arrivati nella struttura in condizioni pietose. Attualmente in via Adamoli ci sono 243 cani, dal primo gennaio al 17 settembre i decessi sono stati 34, 10 dei quali arrivati già morti. Nel canile lavorano sei dipendenti, tra addetti al servizio cani, all'ufficio e al servizio gatti. Più un'ottantina di volontari. All'interno della struttura sono state ricavate aree per i cuccioli e i cani anziani o malati. La cucina è in discrete condizioni, una volta al giorno viene fornito il cibo agli animali. Per tutti i volontari esiste il divieto categorico a dare da mangiare ai cani. A questo devono pensarci solo i dipendenti del canile. Per questo sono stati istituiti corsi mirati alla preparazione dei volontari.

«L'anno scorso - racconta la responsabile - abbiamo tenuto un corso di comportamento per tutti i nostri volontari, ma solo 25 di loro l'ha seguito fino in fondo».

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