Gli organizzatori danno i numeri: «I militanti? Quasi un milione»

Solito tira e molla con le Questure sulle adesioni. Ma le adunate oceaniche di una volta sono soltanto un ricordo e i manifestanti sempre meno

da Milano
Suona un po’ come il bambino che gioca a nascondino. Quello che a testa bassa contro il muro conta fino a cento e quando si gira non trova un’anima. Ecco, la stessa cosa è capitata ieri alla Cgil. Chiamata alla conta dopo il periodo di subbuglio sindacale di questi giorni, messa all’angolo dal «padronato», ha aperto gli occhi: e si è trovata di fronte piazze molto rosse ma poco mosse, con cortei spelacchiati e un colpo d’occhio malinconico. Solo che nessuno si era nascosto. Anzi, erano tutti esposti ben bene in piazza come i ninnoli della zia. E la Cgil, da orgogliosa zia col pallino del kitsch, se ne è ovviamente vantata.
Infatti tra gli organizzatori che danno i numeri squillano trombe di tripudio: «Si va verso il milione di persone. Partecipazione altissima». E giù con il bingo: «Milano 15mila, Palermo 20mila, Roma 15mila». Terno. «Toscana 20mila, Calabria 20mila». Cinquina. «Napoli 30mila, Bari 4mila». Tombola! Peccato che le questure, come ad esempio a Genova, sfrondino molto le cifre della Cgil, che come al solito in queste occasioni hanno la brutta tendenza a venire «dopate» e gonfiate.
Ma anche se fossero validi i numeri «estratti» da Epifani, la festa appena cominciata dovrebbe già essere finita. Un milione per 200 città: 5mila l’una. Una festa della birra ben fatta porta più gente. A Milano 15mila persone non riempiono nemmeno il terzo anello dello stadio di San Siro. E 15mila a Roma sono andati a sentire il complessino di adolescenti tedeschi dei «Tokyo Hotel». Sicuri ci sia da pavoneggiarsi per queste torme di adepti? Nel momento di massima crisi, con una vertenza ad altissimo impatto mediatico come quella di Alitalia conclusasi in un abbassamento palese di braghe, con un governo considerato l’incarnazione di tutti i mali, solo 20mila persone a Bologna? La culla dove Guccini ha composto «La locomotiva»? Dietro la barba e la erre rombante, il cantautore si berrà un buon bicchiere di vino ricordando con nostalgia le manifestazioni del passato.
Già, perché quel cerbero sinistrorso che nei decenni aveva abituato l’Italia a fiumi di tute blu incazzate come unni, ora si accontenta di qualche migliaio di «lavoratori, giovani e pensionati». Indefessi, tetragoni, epici «nonostante la pioggia battente».

Questione di aspettative, che forse si infeltriscono e si riducono ad ogni battaglia persa. «Non potevamo restare fermi», ha esultato Guglielmo Epifani. Già, ma forse si poteva evitare di bullarsi al Dopolavoro con i compagni per quello che è un mezzo, mestissimo insuccesso.

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