Ciclo di ferro a punteggio pieno, miglior attacco e miglior difesa, sei punti di vantaggio sulle rivali e la consueta sensazione di strapotere calcistico. Quando le truppe sono di primissima scelta, non importa nemmeno più chi le comandi. Mancini o Mourinho, cambia poco. Oltre agli avversari, sono finiti sepolti da prodezze e risultati pure gli interisti pessimisti. Forse potrebbero giocarci pure loro in quest'Inter.
In fondo, già ci giocano Figo e Crespo, e magari a breve ci giocherà pure Quaresma, al limite reinventato trequartista come fece Sacchi con Donadoni. Persino l'astioso pensionato Ambrogio, insopportabile rompiscatole con la fissa degli anni '60, pare aver deposto la super-arma dialettica dell'Inter euromondiale, con Herrera unico mago e dopo di lui il diluvio. Altra gita all'Olimpico e altri tre gol agli amici laziali, dopo i quattro ai giallorossi. Gol subiti? Zero.
Forse solo il sacco di Roma da parte dei visigoti di Alarico aveva fatto più male dell'Inter alla capitale.
E allora vi dico: beata la squadra che corre accanto a se stessa e ai suoi primati. Gli altri camminano e l'Inter per loro è un incubo, non un termine di paragone.
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